Rubo questo titolo alla canzone di RON per introdurre il tema sul quale vorrei riflettere. Il procedere veloce della ricerca e della scienza non trova certo immediata rispondenza nella cultura del vivere comune. Questo accade per il processo di conservazione al quale contribuisce l’azione stessa della mente che, nell’inconsapevolezza, si riproduce a partire dal condizionamento subìto; conservazione poi che diventa di sistema, di interessi, di logiche e di dinamiche. Oggi sappiamo quanto l’esperienza fatta, le informazioni ricevute, i valori e i modelli assorbiti, finiscono per strutturare una visione della vita molto lontana dalla realtà. Tutto si intreccia alla biografia personale in un cocktail di pensieri, emozioni e comportamenti che ha ridotto la nostra esistenza, proprio perché lontana dalla natura e dalle nostre prerogative, al supplizio e alla perdita di senso. Tutto intorno a noi si rappresenta dentro questo scenario, e dentro questo ordine di grandezza. Di fondo, ad ogni problema di salute, ad ogni difficoltà di relazione, ad ogni tormento di vivere, c’è sempre questa verità, difficile da vedere, da immaginare e quindi da cambiare, per lo stesso meccanismo di conservazione di cui sopra. Fintantoché, per qualsiasi motivo, non si riesce a rendersene conto, ad osservare e riconoscere questa aberrazione. Inoltre, fintantoché non ci si attiva per liberarsi dalla schiavitù dell’ignoranza e dalla dipendenza emotiva, ritornando al governo della propria vita, la sofferenza farà da padrona. È in questo modo che si può “salire di livello” e sperimentare la salute e la forza vitale, l’amore e la condivisione, la gioia e la felicità. Prerogative, per altro, di ogni essere umano, ma raggiungibili solo attraverso la trasformazione, la responsabilità e l’evoluzione. Rimanere nel livello che produce questo sistema e questa cultura è quanto di più offensivo e improduttivo possiamo fare. Occorre dire che quella ricerca, quella scienza, ma anche l’inevitabile peggiorare delle cose su ogni fronte, insieme all’incapacità di contenere e controllare i nefasti effetti collaterali che provochiamo in ogni ambito, gettano le basi per una rivoluzione culturale e “un’elevazione” di coscienza dell’intera umanità. La recente ricerca di Martinez – neuroclinico, studioso di biocognizione, dell’influenza cioè della cultura sulla risposta biologica tramite la percezione, lo sviluppo della personalità, i modelli di comportamento, ecc. – sugli ultracentenari in salute di tutto il mondo parla chiaro: chi rimane fedele a sé stesso, vivendo con ardore in quello che fa, senza ossessione del tempo, dell’età, anche se tradisce molte regole di quella che definiamo “sana alimentazione”, pur rimanendo comunque nella moderazione, ma praticando, senza limiti se non quelli fisiologici, una costante attività fisica, non solo campa cent’anni, ma li vive in salute e nella passione di vivere. Questi sono i tratti che accomunano i longevi di tutto il mondo, indipendentemente dal paese e dalla cultura di origine. Lontano dal condizionamento e dall’identificazione con i modelli dominanti, si afferma una spontaneità e un’autenticità che rende la persona più libera e più spiritosa, in grado di apprezzare la vita con gratitudine. Queste persone sanno trarre gioia dalle piccole cose quotidiane, e hanno sviluppato una saggezza capace di vedere sempre il lato buono in tutto quello che succede, e quindi di pensare ad un disegno oltre le convenzioni e il pensiero comune. È in questo stato umorale, in questo atteggiamento, in questo modo di essere e di vivere che meglio si regola la biologia e si preserva la salute. Tutto collima e coincide con gli studi e con la ricerca; tutto collima e coincide con le leggi della materia e dell’energia. Tutto estremamente validato da una nuova scienza, che adesso è in grado di documentare, misurare e dimostrare, quanto il pensiero, le emozioni e lo stato umorale che ne consegue, possano influenzare oltremodo la realtà e favorire, insieme ad uno stile di vita moderato e attivo, le nostre migliori condizioni di salute. Occorre aggiungere, come sono solito dire, che la salute non ci serve per l’immortalità, ma per vivere la vita nella sua massima espressione e potenzialità, e quindi nel piacere. Anche perché, quando si soffre, quando si sta male, il presente, il “qui e ora”, l’attimo di vita vera che accade, è inaccettabile, e lo è a partire dal fatto che siamo qui per “godere”, non certo per soffrire. Capite da soli che la salute da sola non può bastare. Senza il giusto spirito, senza quella saggezza, andiamo poco lontano. È un po’ il cerchio che si chiude. Alla fine possiamo pensare, e dire, che forse questo è il senso stesso dell’esistenza ma anche capire come funzionano esattamente le cose e quindi orientare i nostri “sforzi” nella direzione giusta. Oggi abbiamo la fortuna di attraversare un momento di grande apertura verso la realtà e la verità. Ognuno di noi ha la possibilità, il dovere e il diritto, di riprendersi la salute e la gioia di vivere. Ha il dovere e il diritto di fare la sua parte, compresa quella di aiutare gli altri a vedere e a capire, per contribuire, tutti insieme, al bene e al futuro dell’umanità stessa e del pianeta di cui facciamo parte.