Questa mattina non sapevo proprio cosa scrivere, o meglio avevo troppi stimoli, troppe idee, troppe situazioni da raccontare. Avrei voluto parlarvi di tutto, tanto “tutto” era degno di nota, di narrazione, di spunti di riflessione. C’è un filo conduttore ovviamente che mi appassiona, ed è la vita in ogni suo manifestarsi, assieme all’idea che tutto abbia un senso, oltre la nostra presunzione di averglielo attribuito. Sono reduce da una meravigliosa vacanza, ricca di straordinarie emozioni, grazie a luoghi, situazioni, amicizie e persino una inaspettata “comparsata” nel nuovo film di Aldo, Giovanni e Giacomo. Ma come dico sempre, non sono certo la fortuna o la buona sorte che fanno la differenza, ma un diverso modo di guardare le cose, la capacità di lasciarsi alle spalle tormenti e introversioni, e di cogliere in ogni frangente il messaggio che contiene, l’opportunità di crescita che ci offre, se per crescita intendiamo un’apertura verso una realtà che va ben oltre la nostra logica o il manifestarsi del nostro inconscio, delle nostre paure. Questo percorso, questo intento, va cercato, favorito, educato: oggi sono convinto sia il senso stesso dell’esistenza terrena e, come ho detto molte volte, la sofferenza, le difficoltà, le malattie sono da intendere, da una parte, come la risultante di una opposizione, di un conflitto con le leggi naturali; dall’altra, proprio per il dolore intrinseco che contengono, la spinta evolutiva che induce al cambiamento.
Carl Gustav Jung, noto psichiatra, psicoanalista, antropologo, filosofo e accademico svizzero del secolo scorso, chiamava questo processo “individuazione” e diceva che “la vita è un viaggio di autorealizzazione dell’inconscio. Per arrivare a ciò bisogna poter capire (rendersi conto) che la vita è un viaggio attraverso gli eventi, le persone e gli incontri come fatti contingenti, come aspetti esteriori di un Sé che si sta manifestando… bisogna saper rinunciare al controllo della mente… bisogna capire la differenza tra la realtà vista dalla mente (condizionata dall’esperienza) e la realtà vista dal Sé che vive nella natura.”
Negli stessi giorni, nella meravigliosa Puglia, ero a pranzo con Claudio Pagliara, medico, oncologo, ricercatore, autore di “L’amore è la medicina più potente”, con il quale mi lega una profonda e preziosa amicizia ma anche la condivisa responsabilità di aiutare le persone verso questa apertura, senza la quale, non c’è soluzione alla sofferenza, non incontreremo mai la salute vera, il benessere e la quiete interiore. Ebbene, entrambi condividevamo che, a fronte di un precipitare delle condizioni umane, sociali e ambientali, è pur vero che, forse come non mai, sono evidenti i segni di una nuova cultura del vivere che chiama in causa la coscienza e la maturità individuale, presupposti fondamentali per un cambiamento necessario a costruire una nuova civiltà, basata, questa volta, sulle leggi della Natura e dell’amore. La partita è completamente aperta e si muove tra resistenze e angosce, tra interessi e privilegi, e mille altre difficoltà e criticità, che sono proprie dell’attuale stato di coscienza, o più propriamente, di incoscienza, cioè di un inconscio ferito, offeso e immaturo, che domina per intero il vivere umano, sia nelle vicende personali che, per sommatoria, in quelle sociali. E allora: che vita sia!