Il Coronavirus ha fatto emergere, in modo inequivocabile, la follia e l’alienazione della nostra civiltà. Una verità difficile da riconoscere e da ammettere in virtù del fatto che non contemplando le ragioni più naturali e spirituali (cosa siamo, come funzioniamo e cosa siamo qui a fare) abbiamo finito per circoscrivere il senso della nostra esistenza solo intorno agli aspetti materiali, culturali e sociali, che si sono caratterizzati, più o meno intenzionalmente, lungo il corso della storia. Il Coronavirus, con la sua imprevedibilità e indefinibilità, mette in cortocircuito un sistema che, in sé, aveva già tutti i sintomi/segnali della sofferenza e dell’insostenibilità. Solo che la manipolazione del genere umano – come descrive molto bene il filosofo americano Noam Chomsky nel principio della “rana bollita”, non lascia margine di scampo e cioè, come la rana messa sul fuoco nella pentola con l’acqua fredda non si accorge del suo destino fatale, allo stesso modo gli esseri umani cresciuti in questa alienazione finiscono per non dubitare più di niente, accettando ogni conseguenza come normalità naturale. Penso veramente che, di fondo, prima ancora di supporre manovre speculative tra giochi di potere e interessi farmacologici, peraltro figli della stessa aberrante alienazione, manchi proprio questa constatazione. Ed è quantomeno ingenuo aspettarselo da una classe politica, da una classe medica, da un giornalismo e da una opinione pubblica che risultano dallo stesso condizionamento. Un’operazione francamente impossibile e impensabile, essendo le loro menti, i loro ragionamenti, le loro considerazioni risultanti dalla stessa manipolazione. Quindi, nonostante i dati inoppugnabili, i contributi della ricerca e i riscontri epidemiologici, la logica di sistema segue sempre un’unica via che non è certo quella di poter mettere in discussione l’ordine costituito. Fanno eccezione tutti quelli che, delusi o insoddisfatti da un modus vivendi disarmonico e palesemente dannoso hanno deciso per una presa di coscienza diversa, quanto mai liberatoria, per il proprio destino e per la dignità della propria esistenza. Solo così è possibile separarsi da un mondo che, essendo privo di scrupoli, trasforma tutto in uno scempio indicibile; solo così è possibile riscoprire quei principi e quei valori che riportano alla responsabilità, alla salute, all’amore e alla gioia di vivere.
“Tutto il resto è noia” (come diceva Califano) e, inevitabilmente, sofferenza. Basta guardare i dati ISTAT sulla mortalità e le cause principali di decesso nel nostro paese per capire di che morte stiamo morendo e di che vita stiamo vivendo (https://www.money.it/Quanti-morti-in-Italia-ogni-anno-principali-cause-decesso). Cito solo alcune cifre, per rammentare la situazione. Malattie del sistema circolatorio: 232.992; tumori: 180.085; malattie del sistema respiratorio: 53.372; malattie del sistema nervoso/degli organi di senso (Parkinson, Alzheimer…): 30.672; malattie endocrine, nutrizionali e metaboliche (diabete): 29.519… tutte degenerazioni imputabili al nostro insano modo di vivere e di nutrirci.
Non ultimo, uno studio italiano, datato luglio 2020, che ha coinvolto oltre 400 persone, dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e dell’ospedale Bufalini di Cesena, pubblicato sulla rivista “Diabetes Care”. Lo studio ha dimostrato come l’accumulo di grasso viscerale, ovvero quello che avvolge gli organi interni, è associato a un maggior rischio di ricovero in terapia intensiva nei pazienti con Covid-19. Ciò è dovuto al fatto che il grasso viscerale produce due o tre volte di più citochine, come l’interleuchina 6, che sono coinvolte nell’immuno-patogenesi. È quindi accertato che questo specifico tipo di grasso può facilitare, grazie appunto alla tempesta citochinica, l’iper-infiammazione, aggravando notevolmente lo stato morboso da Covid-19.
Il grasso viscerale ci riporterebbe alla questione di fondo che abbiamo trattato, ma siamo così “bolliti” che anche questo evidente riscontro finisce ai margini della nostra inconsapevolezza.