Da una lettera di una paziente di Carl Gustav Jung: “Dal male ho ricavato molto bene. Il mantenere la calma, il non rimuovere nulla, il rimanere vigile e insieme l’accettazione della realtà – prendendo le cose come sono e non come avrei voluto che fossero – mi hanno portato conoscenze singolari ma anche singolari energie, quali prima non avrei potuto immaginare. Ho sempre pensato che se non si accettano le cose, esse in un modo e nell’altro ci sopraffanno; ora invece non è più così, e solo accettandole è possibile prendere posizione di fronte a esse. Anch’io voglio partecipare al gioco della vita nell’accettare ciò che di volta in volta mi offrono i giorni, bene e male, sole e ombra che costantemente si alternano e così accetto anche la mia natura, con i suoi lati positivi e negativi…e tutto si ravviva. Com’ero pazza, io che volevo forzare ogni cosa ad adattarsi al mio volere!” Per capire di cosa sta parlando la paziente di Jung, dobbiamo uscire dall’idea che la vita coincida con la nostra visione, che si esaurisca con la nostra percezione, con l’affermazione delle nostre idee e considerazioni, detto in altri termini, che la vita si manifesti solo secondo il nostro volere, tutto sotto il nostro controllo. Come possiamo pensare che in ogni altro organismo tutto accada secondo un disegno ben preciso e sotto la spinta di una propulsione energetica e non averne nessuna considerazione per le nostre stesse vite? C’è qualcosa di profondamente malato nella nostra civiltà e nella cultura del vivere che costringe gli individui a percorsi obbligatori che impediscono di crescere in questo stato di grazia; la mente, così sollecitata e condizionata, sposta il problema verso un’idea di sé, verso un ruolo o un’identità che segue obblighi convenzionali, modelli culturali o adattamenti personali. Si crea così una frattura che ci allontana dalla nostra spontanea autenticità, che non troverà pace fintanto che non saremo in grado di riconoscerla, adoperandoci per ricomporla e quindi riprendere il nostro cammino evolutivo. La mente è capace di qualsiasi cosa, di oscurare istinti, sensazioni, intuizioni, emozioni, sentimenti… In virtù delle nostre ferite e in nome della nostra educazione si finisce per vivere bloccati in una personalità artefatta, ripetitiva, dove la stessa mente ci fa credere che sia una questione di “carattere”, un fatto congenito. Senza rendercene conto passiamo un’intera esistenza con quel “vestito” addosso, recitando quel “copione”, senza capire cosa è successo e soprattutto cosa potremmo fare per sbloccare questa situazione e uscire definitivamente da questo inganno, da questa trappola vincolante.
Ci siamo allontanati così tanto da questa verità da provocare costanti conflitti e atroci sofferenze; così tanto da essere diventati il fattore più critico per la sopravvivenza stessa del pianeta. Per quanto, alla nostra coscienza di oggi, possa sembrare poco pertinente con i problemi di tutti i giorni, aggiungo che scopo stesso dell’esistenza è proprio rendersene conto e porvi rimedio. Bisogna cominciare a pensarsi da un altro punto di vista, per affidare il nostro destino a quel principio, a quel fine, a quella forza cosmica che tutto pervade, e che la paziente di Jung ci racconta molto bene. La storia di Sandro ci aiuta ancora di più, e meglio, a capire quello di cui stiamo parlando. Sandro ha 47 anni e sta molto male. Soffre di attacchi di panico: un malessere fortemente debilitante e fonte di grande angoscia. Se lo senti parlare, se lo vedi, sembra una persona molto sicura e molto forte. Sembra! In realtà, proprio questa sua sicurezza, la stessa descrizione che lui fa della sua vita, sono segni inequivocabili di quella separazione che chissà da dove, quando, e perché, è partita. Questa volta, quell’energia che si manifesta solo nella libertà espressiva, trova nel personaggio di Sandro un blocco della sua naturale circolazione e nel “panico” la sua liberazione funzionale. Per qualcun altro, la stessa energia, potrebbe declinare verso la somatizzazione e cioè trovare, in un organo o in un sintomo, una via di sbocco o di scarico; per altri potrebbe smorzarsi sul nascere e trovare nella depressione il suo disinnesco; per qualcun altro ancora essere magari solo fonte di disarmonia e infelicità. In definitiva, se non sappiamo gestire la nostra energia fino in fondo, essa si ritorce contro di noi, arrecandoci danno. Tutto ci riporta a ciò che abbiamo compromesso e perduto, con l’unico scopo di renderci consapevoli di questa verità affinché si possa manifestare la gloria che è in ognuno di noi.