Sono appena rientrato dall’Austria. Durante il viaggio, ho tenuta viva l’attenzione, attraverso i social, sulle ultime esternazioni “di casa” in fatto di Covid, situazione che seguo con attenzione, più da studioso dei fenomeni e dei comportamenti che da partigiano emotivo di qualche fazione. Per cui sono arrivato a destinazione portandomi dietro le dichiarazioni di Vasco, i commenti di Scanzi, e gli sproloqui, più o meno argomentati, delle varie tifoserie. Innsbruck dista poco più di 200 chilometri da casa mia, ma sono bastati per portarmi “oltre confine”. Per così com’è il mondo, quando vai oltre confine, nel bene e nel male, entri nella storia, nella cultura, nella vita sociale di un altro popolo. La cosa che mi ha colpito immediatamente è stata respirare un’aria di normalità. No mascherine, no divieti particolari, no clima di veto angosciante. Non ho trovato alcun allarmismo, e non mi pare nemmeno che l’Austria capeggi le statistiche dei contagi, dei ricoveri e dei decessi. Il che mi ha fatto riflettere ancor più sull’estesa drammaticità italiana. Oltre il dato epidemiologico, sul quale (dati alla mano) si potrebbero dire tante cose, oltre le varie ipotesi e macchinazioni di fantapolitica e manipolazione sociale, mi sono convinto, ancora una volta, ancor di più, quanto incida l’auto-condizionamento individuale della nostra mente, nel quale cadiamo di frequente. Mi spiego meglio! La società si costruisce per somma degli individui, e gli individui si formano all’interno delle dinamiche della vita sociale: storia, economia, politica, cultura, tradizioni, famiglia, scuola, ecc. Il risultato finale è che ognuno di noi si trova ad affrontare la vita con la personalità e la psiche che possiede. Se questo percorso esperienziale di vita non contempla, e non favorisce, la maturità e la responsabilità necessaria, la persona, nel suo agire inconsapevole, in ogni cosa che fa, nel ruolo che ricopre, finirà per esternare la propria dimensione interiore, tra sofferenze e adattamenti, tra presunte credenze e convinzioni.
Il Coronavirus, sul piano simbolico, psichico, fa emergere questo vissuto. E qui viene il bello! La società, così come si è costituita, lontana dallo spirito collaborativo e da quello della solidarietà, lontana dai fondamentali di amore e rispetto per la vita e per l’ambiente, crea e alimenta un falso, al quale tutti attingiamo e contribuiamo. In questa società di interesse e di potere, di lusinghe egoiche e compromettenti, il valore ormai viene misurato in “like”, in successi editoriali, nella visibilità mediatica, e questo è sufficiente per legittimare le proprie ragioni. Di umano non c’è più niente, ma c’è solo una “babele” che comincia proprio dalla storia e dall’emotività personale. Se fossimo capaci di considerare questa verità, al di là delle rappresentazioni idealistiche e ideologiche, e del grado dialettico di esplicitarle, capiremmo quanto Scanzi è molto più simile a Salvini di quello che si possa credere. Capiremmo che Vasco Rossi è un uomo che ha attraversato, e sta attraversando, la sua partita esistenziale, al di là del suo talento artistico. Laddove cantava “Vado al massimo”, sprezzante del pericolo e in contrapposizione istintiva ad un sistema ancora più “bacchettone”, forse oggi le sue paure di fondo vengono a bussare alla sua porta più di quanto si possa immaginare. Il problema è che tutto è talmente compromesso, travisato e passivamente acquisito, che è veramente difficile spezzare questo circolo vizioso. Per osservare tutto ciò, e rendermene conto, ho dovuto io stesso “uscire” dall’Italia, nonostante mi occupi di “crescita coscienziale” da molto tempo. Questa è la partita della vita, del senso della vita, ed è comunque interessante scoprirlo, specie quando si riconosce il gioco distorto che la regola. È allora che possiamo cominciare a ragionare con il nostro cuore ancor prima che con gli anatemi dei vari Scanzi, Salvini o chicchessia; è allora che possiamo ascoltare le belle canzoni di Vasco, che io stesso amo da sempre, senza idealizzazioni. Forse in questo modo torneremmo più facilmente ad una “normalità” carica di maggior saggezza, umiltà e rispetto, correggendo un po’ alla volta, ma senza tregua, l’errore esistenziale che attanaglia le nostre vite. Il vero virus, il vero pericolo di annientamento, alberga nella coscienza di ognuno di noi, non certo nel terrore di un virus, probabilmente ingigantito oltremodo più dalle nostre paure che dalla realtà dei fatti.