Che l’alimentazione sia responsabile, nel bene e nel male, della qualità e della durata della nostra esistenza, credo sia comprensibile e sperimentabile un po’ da tutti. Appena andiamo oltre il senso del piacere o l’illusione della discrezionalità, non è difficile ammettere che il cibo sia, prima di tutto una forma di sostentamento dell’organismo, e quindi della vita stessa. Se poi riconosciamo la nostra appartenenza alla natura e accettiamo che tutto ciò che vive è animato dal principio conservativo, c’è da chiedersi veramente cosa si stia mangiando, e più in generale come si stia vivendo, visto lo sviluppo crescente di patologie e sofferenze di ogni genere. Pur sapendo che sono molte le variabili che interagiscano fra di loro per mantenerci in salute – tanto che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) fin dal 1948 parla di salute in termini di benessere fisico, mentale e sociale, e non di semplice assenza di malattia, è innegabile che l’alimentazione giochi un ruolo fondamentale per la salvaguardia della funzionalità biologica e dello stato vitale.
A partire da queste semplici osservazioni si capisce subito, prima ancora di un argomentare dietetico, quanto sia necessaria una presa di coscienza che riabiliti la nostra attenzione e responsabilità, per far fronte a un mondo animato da tutt’altre logiche e interessi, che prevalgono senz’altro sul benessere delle persone e dell’ambiente. Anzi, potremmo dire che è andata affermandosi un’economia basata proprio sulla mercificazione dei bisogni: tutto ruota e funziona a partire dall’ignoranza e dalla disarmonia che ne deriva, che sono presupposti ideali per un mercato senza regole etiche e senza principi di salvaguardia. Quindi, mentre da una parte si millantava progresso al grido “più benessere e più cibo per tutti”, dall’altra andava consolidandosi una distorsione cognitiva fatta di menzogne e illusioni. Imperi e poteri capaci di condizionare (soprattutto grazie alla potente informazione televisiva) il nostro cervello, e con esso la nostra propensione indiscriminata al consumo, compiaciuti dalla disponibilità di cibo a tutte le ore, hanno aperto le porte ad abusi alimentari di ogni tipo. Siamo passati così, da un alimentarsi limitato dalla natura e dai ritmi stagionali, all’artificiosità e alla manipolazione industriale, finalizzate ad un piacere compensativo piuttosto che ad una nutrizione equilibrata. Le farine si sono fatte raffinate, lo zucchero è entrato ovunque, gli oli sono diventati idrogenati o della peggior specie, la chimica ha sostituito i sapori naturali, esaltando l’apparenza a discapito della sostanza.
La spregiudicatezza però era solo a metà dell’opera, ed ecco l’altra straordinaria opportunità di business: come “curare” e lenire gli inevitabili disastrosi effetti collaterali di un tale insano modo di vivere e di cibarsi. Il sigillo a tale abominazione (peraltro pensato, voluto e finanziato), è venuto da una ricerca viziata e da una medicina servile, che hanno legittimato il sistema invece che denunciarne le trame e la vergogna.
Le “schifezze” che arrivano sulle nostre tavole dall’industria alimentare, dagli allevamenti intensivi e dalla produzione agricola contaminata, che inevitabilmente finiscono nelle nostre pance, mettono fortemente a rischio la nostra salute e, come si può vedere, stanno compromettendo gli equilibri stessi del pianeta. La “prova provata” la troviamo nell’escalation inarrestabile delle patologie infiammatorie e non trasmissibili, a partire dal sovrappeso, dall’obesità, dalle malattie dismetaboliche associate (diabete in testa), da infarti e ictus, dal cancro, dalle malattie autoimmuni, fino ad Alzheimer, Parkinson e demenza. Per non parlare di tutti i disturbi umorali e psichici, ai quali vanno aggiunti i cambiamenti climatici in corso, che sono la misura del sacrificio umano e ambientale che questa aberrante civiltà ci richiede. Qualcosa sicuramente si sta muovendo, sia tra le maglie del “sistema” che nella coscienza delle persone, e questo fa ben sperare che sia giunto il momento della rivalsa, o almeno, della verità.