La felicità non si raggiunge nell’illusione della materialità, o cercando fuori di noi, in qualcun altro la nostra pace: la conoscenza, l’armonia, la quiete e l’amore, s’incontrano quando scopriamo chi siamo e cosa siamo veramente. La vita non la riconosciamo più come bene in sé, e facciamo fatica a sentirci unici, individui, indipendenti, liberi. Occorre liberarsi dai giudizi e dalle colpe: allora ci si accorge che si può vivere la vita in sé, che esiste solo ciò che lasciamo accadere, senza preclusioni concettuali e razionali, e accade solo se cominciamo a osservare, a sentire. Per raggiungere questo stato dobbiamo attraversare molte illusioni e molte, identità, compresa quella spirituale e intellettuale, che altro non sono che dimensioni della mente necessarie a predisporci all’abbandono, alla nostra vera essenza, alla coscienza dell’Universo fatta a uomo.
La nostra identità è, in realtà, il frutto di milioni di condizionamenti e imposizioni educative: cercare di riconoscere questo equivoco è l’inizio della decontaminazione e dell’affermazione della libertà, il presupposto per ricostruire la propria dimensione autentica.
La mente è molto manipolabile e sensibile, e a seconda di come la si usa, lei si adatta. Se si esagera con l’attività di pensiero, si finisce col credere che la realtà sia solo in ciò che si pensa, si diventa totalmente mentali: la mente sarà condizionata, e sarà inibita, soffocata, coperta, la coscienza. La depressione, per esempio, è un tentativo della mente di affermare la sua natura, di liberarsi dalle maglie del personaggio che si è diventati: è il segnale che qualcosa di noi vuole vivere, e invece è soffocato dal nostro artificioso modo di essere. Se ci si abbandona alla vita, allora ci si accorge che ogni istante è nuovo, e che il presente è l’unica realtà che accade.
Noi trasformiamo le parole che abbiamo sentito, le esperienze che abbiamo vissuto, i comportamenti che abbiamo ereditato, credendo che sia quanto di più normale: invece di vedere la realtà vera penseremo che la vera realtà sia il nostro piccolo mondo.
La causa prima della sofferenza, sia personale che sociale, è il tradimento delle leggi costitutive ed evolutive; è l’essere identificati in un modello, in un personaggio, in un’idea di noi che prende il sopravvento sulla nostra natura; è l’adottare uno stile di vita che offende le leggi e i principi della nostra costituzione; è non avere nessuna considerazione dell’ambiente e dei suoi equilibri. Si tratta di ridare un senso all’esistenza, un valore alla vita, recuperando il terreno in cui siamo finiti, nostro malgrado. Se viviamo tutti concentrati sull’idea condizionata di noi stessi, la nostra vita diventa vuota, priva di valore, lontana dalla sua essenza e dal suo significato. La percezione della nostra appartenenza all’Universo, di ciò che siamo veramente, apre le porte alla consapevolezza. È l’unica via per realizzare il principio vitale che è in noi, e che è indipendente dai nostri ragionamenti e dalla nostra volontà. Se si smonta questa macchinazione s’impara a perdonarsi, a non giudicarsi, a conoscersi veramente, ad avere rispetto anche per il proprio corpo, e in questo modo si guarda anche agli altri con comprensione e tolleranza. Non ci sono colpe, responsabilità, ma solo una libertà e una verità da affermare: è così che diventiamo, anzi semplicemente siamo, noi stessi. Il risveglio della nostra coscienza è l’unica via che realizza questa possibilità. La felicità, l’amore, la quiete, e con loro la nostra salute, sono il premio e la condizione naturale di questo meraviglioso viaggio.