Vorrei portare la riflessione oltre il contesto attuale, senza entrare nel merito delle decisioni, delle responsabilità, del poteva/doveva essere fatto. Non voglio nemmeno avventurarmi – nonostante ce ne sarebbe ragione – sul peso enorme di questa civiltà, di questa economia, di questa cultura del vivere, come compromissioni di fondo della nostra debilitazione vitale, della nostra debolezza immunologica, del nostro stato infiammatorio e, quindi, causa delle nostre pessime condizioni di salute, ma anche dell’esito nefasto dell’infezione da Covid-19. Lungi da me anche l’idea di giudicare l’azione politica in sé, attribuendogli mala fede o mala intenzione: questo tipo di condotta è sicuramente riconducibile alla vanità personale che privilegia il proprio tornaconto, piuttosto che il bene comune e il rispetto della vita.
Ed è proprio di questo che voglio parlare. Per capirci, partiamo da un presupposto: tutto ciò che risulta nell’azione degli uomini, nel privato come nel sociale, ha a che fare con la consapevolezza e la maturità dell’individuo. Se si dà per scontata questa implicazione, se si pensa che basti avere l’età anagrafica per ricoprire una carica di responsabilità, quale essa sia – uomo, donna, genitore, insegnate, medico, politico, ecc. – e ci si aspetta, pari-pari, un comportamento adulto, una coerenza di ruolo, si fa un peccato di ingenuità, perché non si tiene conto del grado di coscienza, non si considera “l’età psicologica” della persona. Al di là delle dichiarazioni formali, nelle decisioni e nelle azioni, prima o poi, la differenza tra il dire e l’essere si manifesta inesorabilmente, in ogni relazione e in ogni contesto. Non è difficile immaginare e sperimentare quanto le dinamiche inconsce e il vissuto emozionale, trovino ragione nei momenti più delicati e decisivi. La maggior parte della gente di oggi, nel profondo (anche se in modo inconsapevole) è arrabbiata, rancorosa, arrogante, presuntuosa, egoista, invidiosa e, più che mai, spaventata. Che realtà quotidiana e che civiltà potrà risultare? Figurarsi quando entrano in campo ambizioni legate al proprio ego e al piacere narcisistico del potere e della visibilità. Non mi pare proprio siano i requisiti ideali per occuparsi, con la responsabilità che necessita, del bene e dell’interesse comune. Politica, economia, medicina, educazione, così come sono, nascono da una coscienza ottenebrata, ferita e offesa. Tentano, come possono, di contenere, governare e curare le conseguenze di questo insano modo di intendere e praticare la vita. Non ci sarà mai fine a questo stato di cose, se non arriveremo al nocciolo della questione. Fintantoché resteremo intrappolati in questo meccanismo riproduttivo, saremo causa ed effetto ripetibili a oltranza, del nostro stesso male. La politica attuale risulta da questo contesto malato e, di conseguenza, manca della capacità di riconoscere, ammettere e contemplare la sua distorsione. Mancando in termini di consapevolezza personale, viene poi a mancare nei contenuti, nella progettualità del futuro, e soprattutto, nel coraggio delle decisioni. Anche quando si inneggia al cambiamento, si finisce sempre per pagare il prezzo della differenza tra i proclami e lo stato di coscienza di chi li fa. La diatriba e il confronto politico si fermano in un argomentare che, per quanto contingente e problematico, non ci porterà mai fuori dalle contraddizioni profonde e dalle conseguenze di questa situazione. Se si desidera un cambiamento vero, se vogliamo riprenderci la nostra dignità, il diritto/dovere verso la vita e verso il mondo di cui facciamo parte, dobbiamo partire da noi stessi. È solo attraverso questa presa di coscienza, che si potrà restituire dignità all’esistenza e creare i presupposti di una nuova politica, di una nuova società, di una nuova civiltà a favore del bene collettivo. È in questo modo che le cose cambieranno, a partire dal nostro cambiamento personale e dal favorire, in modo amorevole e secondo le leggi dell’anima, il cambiamento degli altri. Il “virus” vero, come ho già detto, è dentro ognuno di noi ed è molto più letale e pericoloso dello stesso Coronavirus. Quel virus si chiama “alienazione” e le sue conseguenze sono: disorientamento, nevrosi, infelicità, malattie di ogni genere, tra le quali possiamo annoverare anche il famigerato Covid-19. L’errore che possiamo fare, e che – ahimè – il sistema sta facendo, è di vedere la pagliuzza e non vedere la trave che abbiamo nell’occhio. Ad ognuno di noi l’ardua occasione.