Se osserviamo il mondo degli uomini, le culture, le civiltà, i modelli di comportamento, con l’occhio e l’umiltà che indaga per capire cosa succede nei meccanismi di formazione della personalità, per comprendere cosa compromette le condizioni di salute e di benessere, personale o sociale che sia, ci rendiamo conto di quanto l’uomo si sia allontanato dalla sua natura e dai suoi bisogni. Rimane il fatto che se la società risulta dalla somma degli individui che la compongono, e ogni individuo è il risultato della sua esperienza formativa, come possiamo non considerare la natura biologica umana e il processo di crescita di ogni singolo individuo? Come possiamo immaginare la libertà, il rispetto, la tolleranza, senza preoccuparci di sviluppare questi requisiti e questi principi nell’esperienza intima delle persone? Come possiamo pretendere responsabilità, amore, condivisione, empatia, mutuo aiuto, democrazia, se il vissuto che ci forma sviluppa tutt’altro tipo di sentimenti ed emozioni? Eppure è sotto gli occhi di tutti, e non è difficile riconoscere questa correlazione; non è difficile pensare che se si cresce nell’odio e nel rancore, nella violenza e nell’arroganza, nell’assenza e nella negazione, così come in certe opinioni, considerazioni e abitudini, avvenga un apprendimento capace di far diventare tutto questo un modo normale di essere e di vivere, di sentire e agire. Il problema vero è che i bisogni e le necessità rimangono legati alla natura della nostra costituzione. Il fatto di essersene dimenticati non risolve la questione, anzi, crea tutte le distorsioni e le sofferenze di cui siamo testimoni. Insomma, si vive e si cresce in un’inconsapevolezza generalizzata che affida il nostro destino a modelli di comportamento erronei, a principi e a propositi teorici, spesso solo intellettuali, che partecipano al condizionamento delle nostre menti, generando emozioni altrettanto distorte. Che cosa può nascere dalla confusione, se non altra confusione? Ecco perché parliamo di amore e pratichiamo violenza; ecco perché manifestiamo mille propositi e mille intenzioni ma, di fatto, viviamo nella paura, nell’invidia, nell’avidità, nel pregiudizio, nella solitudine, riproducendo, immancabilmente, in ogni ambito e in ogni relazione ciò che abbiamo visto, sentito e praticato a nostra volta.
Siamo semplicemente dissociati e separati dalla nostra interiorità, provando si certi sentimenti ma mostrandone altri, governati più dalla razionalità che dall’amore, più dalla testa che dal cuore. Ci risulta quindi impossibile riconoscere e correggere questa distorsione in atto, poiché è la nostra stessa natura originaria che è compromessa, grazie agli scompensi che si sono generati negli equilibri primordiali di corpo, mente e spirito.
La mortificazione che ne viene è raccontata dalla cronaca di tutti i giorni, nella misura del nostro stato vitale, sempre più castigato e penalizzato. Non ci meravigli allora il mondo nella barbarie totale, la politica nell’immoralità, i disturbi ansiogeni e le malattie non trasmissibili alle stelle, la violenza in ogni dove. Espandere la propria coscienza, riconoscere il limite del proprio “pensiero”, così condizionato e distorto, è il compito arduo e che spetta ad ognuno di noi. Incontrare “l’intelligenza del cuore” significa riconoscere un sentire che è nella natura delle cose e di tutto il creato e che si chiama Amore Vero.