Compio sessantadue anni. Non sono poi molti! Sono solito scherzare e dire che dipende da come vedi le cose. Se pensi di vivere centovent’anni, sei solo a metà del percorso, poco più che adolescente. Se invece ti riferisci alla durata media (bene che vada settanta/ottanta anni) e alle condizioni di salute che siamo soliti vedere, allora è facile intristirsi o rassegnarsi al declino.

compleanno-2016-mrNon ho nessuna certezza, ovviamente, ma so esattamente che differenza fa pensarla in un modo o nell’altro. Certo è, che continuo a fare le cose che più mi piacciono e più mi divertono. Ma cosa dico! Molto meglio e molto di più! Ricordo quando, a diciotto anni, pensavo a quanti anni avrei avuto nel duemila, cercando di fantasticare come sarei stato. Oggi mi fa tanta tenerezza ripensare alla mia ingenuità di allora. A quei tempi, non avrei mai potuto immaginare che proprio la mia “vita futura” mi avrebbe indicato, pian piano, attraverso errori e sofferenze, la strada da intraprendere. Quante illusioni e quanta innocenza c’era in me. Non potevo essere niente di diverso, ovviamente: l’intero contesto sociale e culturale aveva tutta una sua connotazione fuorviante. L’errore di allora è l’errore di oggi, e l’errore di sempre. Alla fine, il problema principale, che si nasconde dietro ogni supplizio, ogni malattia, che impedisce l’evolvere dell’umanità, è sempre lo stesso: siamo lontani dalla nostra essenza e dalla nostra costituzione, dal nostro legame con l’Universo. Così lontani da non ipotizzarne nemmeno l’idea. Così lontani, gli uni dagli altri, da essere diventati nemici di tutto e di tutti, vittime della nostra separazione, della nostra paura e della nostra solitudine. È tutto qui! Nel bene e nel male. Nel bene, perché questo ravvedimento di coscienza ci apre le porte del paradiso, della salute, dell’amore e della pace; nel male, perché questa distorsione rende la vita un inferno, svilendone il senso. Non più tardi di ieri mattina, in una conferenza stampa, intorno ai temi dell’educazione, dicevo che l’insegnamento di cui siamo capaci, non contemplando lo sviluppo della personalità e le nostre prerogative costituzionali, è quello di favorire la continuità degli stessi tormenti e degli stessi errori: vorrei dire “degli stessi orrori”.

Certo, esserci lasciati alle spalle molte ingenuità – dal boom economico degli anni ’50 alle illusioni ideologiche degli anni ’70, fino all’arroganza del pensiero di poter curare ogni male senza preoccuparsi delle cause che lo generano – apre uno spazio di riflessione oscurato da secoli, forse senza precedenti. La crisi di oggi, guardando oltre la sua rappresentazione superficiale, è contemporaneamente un segno tangibile di questa alienazione, ma anche un’opportunità per la coscienza umana. La prova del nove è che, così come può cambiare il destino della propria esistenza, allo stesso modo potrà (dovrà…) cambiare il destino dell’umanità. Anzi, la prima è condizione “sine qua non” per la seconda. La cosa complicata è la difficoltà a uscire dalla propria percezione, dal proprio condizionamento, dalla propria “educazione” e soprattutto dai propri tormenti, e avere questa “illuminazione”. Sarebbe abbastanza se riuscissimo a immaginare che siamo fatti per vivere, per essere liberi, per essere forti; ne avremmo abbastanza per vedere da un altro punto di vista il senso dell’esperienza, degli errori, delle paure, delle malattie. Tutto quello che imputiamo agli altri viene dal nostro sentire e dal nostro essere. Per questo si dice che gli altri ci fanno da specchio; per questo si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima. Quante cose potremmo capire, quante cose potremmo cambiare per diventare quel divino che siamo e che possiamo essere per natura? È ciò di cui parlano, da sempre, tutti i grandi saggi, pensatori e santi; è ciò di cui vi parlerà chiunque si faccia interprete della vita vera; è ciò di cui vi posso parlare oggi, che non certo avrei potuto affermare o pensare a diciotto anni. Ma oggi, a sessantadue anni, mi sento di dire che va tutto bene, che tutto accade per riportarci alla luce, e ognuno di noi, se lo vuole, può aiutare qualcun altro ad accendere la sua luce. La settimana scorsa, la mia amica Tiziana, anima sofferta ma tanto nobile ed elevata, mi ha mandato un post che è perfetto per chiudere questa riflessione. “Ogni guerriero della luce ha avuto paura ad affrontare un combattimento. Ogni guerriero della luce ha tradito e mentito in passato. Ogni guerriero della luce ha imboccato un cammino che non era il suo. Ogni guerriero della luce ha sofferto per cose prive di importanza. Ogni guerriero della luce ha pensato di non essere un guerriero della luce. Ogni guerriero della luce ha mancato ai suoi doveri spirituali. Ogni guerriero della luce ha detto “si” quando avrebbe dovuto dire “no”. Ogni guerriero della luce ha ferito qualcuno che amava. Perciò è un guerriero della luce: perché ha passato queste esperienze, e non ha perduto la speranza di essere migliore.”

Proprio per questo, a sessantadue anni, mi sento un guerriero della luce.