Oggi torno a parlare di cibo. Lo faccio perché, oltre ad essere un aspetto centrale della – e per la – salute, è anche vero che questo è un periodo di grande fermento, sia scientifico, che riflessivo, intorno alla vita. Nonostante, da una parte, la crisi economica, per molte persone, abbia reso problematico persino avere di cui sfamarsi, dall’altra, c’è un’accresciuta sensibilità e interesse verso questi argomenti.

FOTO-13Grazie proprio alla ricerca medica d’avanguardia e ai recentissimi studi-monitoraggio sulle popolazioni più longeve e meno ammalate della terra, si stanno aprendo dei grandi interrogativi sugli stili di vita e sulle abitudini alimentari, tanto da orientare verso un nuovo stato di coscienza e consapevolezza, che possono cambiare radicalmente il destino della vita di una persona. In ogni caso, indipendentemente dalle circostanze congiunturali, rimane il fatto che “sfamarsi” e “nutrirsi” sono due cose diverse. Ciò che rende la differenza di difficile percezione è l’idea (riduttiva …) che mangiare e piacere siano l’inizio e la fine del problema, senza immaginare che, oltre questa percezione, oltre questa soddisfazione, esistono dei processi da sostenere, dei sistemi da rispettare, delle soglie di sopportazione, delle regole di compatibilità, ecc. ecc. La cosa che emerge, con sempre maggiore chiarezza ed evidenza, è che – ancor prima dell’argomentare dietologico – noi siamo parte, costitutiva e dipendente, della stessa natura che ci circonda e che ci ha creato, sebbene questo fatto, elementare e fondamentale, non goda più della dovuta considerazione da parte dell’uomo stesso…

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