>Dieci minuti, o poco più, per insinuare un dubbio, per aprire a una riflessione, per far intravedere un’altra strada da percorrere, altre scelte da fare, a favore della salute, del benessere, della felicità. Oggi è possibile per molte ragioni, ma quella che conta di più in assoluto, oltre le conoscenze e competenze acquisite, è la propria credibilità, che può nascere solo da un’onesta testimonianza. Questa modalità è caratterizzata da una presenza e affabilità che non nasconde la propria storia, le proprie difficoltà e contraddizioni, anzi, sono proprio queste che diventano il punto di forza di una vera azione di aiuto.

È il terreno dell’empatia, senza il quale è molto difficile progredire, educare, aiutare gli altri. Il problema più grosso (come abbiamo detto tante volte) sta nel fatto che, per raggiungere questo stato, è necessario compiere un lavoro importante su di se, per liberarsi dalle paure e dalle colpe, nonché dalla distorta, obsoleta, convinzione, che la vita sia una lotta per la sopravvivenza, finalizzata solo al proprio tornaconto. Non siamo in guerra (fortunatamente) e quindi non è così: se per noi è così, probabilmente siamo stati informati male. Mi capita spesso di spendere “dieci minuti” con qualcuno, e di rendermi conto di quanto ci sia bisogno di questa umanità, di questa generosa solidarietà. Questo stato di immedesimazione ammanta il nostro essere e la nostra azione di un’energia che viene dal cuore, animata da buoni sentimenti e da un coinvolgimento emotivo naturalmente presente in ognuno di noi. Cortesia, rispetto, semplicità e simpatia: tutte condizioni per avere relazioni più facili, maggiori soddisfazioni, e uno stato di quiete interiore determinante per l’equilibrio fisico e mentale. È nella separazione, nella solitudine e nella miseria dei sentimenti che si vive di giudizio e pregiudizio, di arroganza e presunzione, con tutte le conseguenze stressogene e debilitanti che ciò comporta. Sappiamo tutti che vivere nel rancore, e in una tensione continua, è un “brutto vivere”. Siamo nati per stare nella dimensione del bene e dell’amore: tutto il resto non funziona, non ha mai funzionato, e non funzionerà mai, pena sofferenze di ogni genere. I proverbi non si curano del progresso, e proprio per questo non hanno bisogno di essere aggiornati: “Chi fa bene per paura, niente vale e poco dura”, e ancora “Chi fa del bene agli altri, gli altri fan del bene a lui”. Se proviamo a chiederci quanto questi “vecchi” principi vengano applicati dall’essere umano di oggi, nei confronti del prossimo e nei confronti di se stesso, ci sarà abbastanza facile capire il perché del nostro stato di benessere o malessere, e l’effettiva qualità delle nostre relazioni. Sto parlando per esperienza personale! Ricordo perfettamente come sono andate le cose fino ad un certo punto della mia vita, e come sono iniziate a cambiare quando cominciai a considerare il valore di una corretta visione esistenziale e relazionale. Posso dire che non è stato facile! E non lo è stato perché la nostra mente si affida alle esperienze che ha immagazzinato nel tempo nella sua memoria, dalle quali ha tratto le sue convinzioni. Riconoscere questo equivoco esistenziale è un passaggio cruciale della nostra vita. È dalla consapevolezza, se vogliamo dalla sofferenza del nostro stato incompiuto e offeso, che nasce la ricerca di spiegazioni, ovviamente se non si finisce nelle maglie della frenesia di sopravvivenza alla quale alludevo prima o nelle “cure” di un sistema orientato esclusivamente alla produzione violenta e al guadagno.

Oggigiorno gli spazi e le occasioni per incontrare questa verità, e i testimoni che ne sono portavoce, sono molte, grazie a un fermento che invade ogni campo, e al contributo delle nuove scienze e della ricerca, che hanno spostato l’attenzione dalle “cause delle malattie” alle “cause della salute”. Si apre così un fronte di considerazioni che, inevitabilmente, ci porta alla necessità di un cambiamento in grado di farci uscire dalla pericolosa riduzione della nostra cultura, riprendendo confidenza con quella complessità umana che ci contraddistingue, ma che, proprio grazie ad essa, possiamo scoprire le potenzialità e la magnificenza della nostra vita. Come in tutte le cose che si vogliono conoscere e imparare, ci vuole motivazione, visione, conoscenza, metodo, perseveranza, allenamento, e fede. Non sono forse gli stessi requisiti che servono per apprendere una lingua, un mestiere o una disciplina sportiva? Per diventare dei “campioni di vita” dobbiamo passare da questo percorso e dalla determinazione di volerlo esplorare. Quei “dieci minuti”, carichi di questo entusiasmo, di questa coerenza e di questa verità – vi prego di credere – possono fare miracoli, se non altro per innescare una curiosità e un’evidenza sufficienti, affinché il tempo a venire diventi un tempo di gioia e di passione.