Ogni forma vivente è dotata di sistemi di autoregolazione spontanea e di adattamento, che hanno la funzione e la capacità – con buoni margini ma altrettanti limiti – di mantenere le condizioni ideali della vita stessa. La salute è quindi da intendersi come condizione naturale, e normale, di equilibrio e funzionalità; la sofferenza, le malattie, il sovrappeso, vanno invece intesi come la conseguenza di una compromissione, così significativa, per intensità e durata, da non essere più sopportabile e gestibile dal sistema vitale. È in questa relazione che si definisce la qualità e la durata della nostra vita.

Il mantenimento della normalità nel tempo, e quindi della salute, presuppone però il favore delle nostre abitudini di vita e, in particolare, di quelle alimentari, perché sono la variabile più significativa di questa prerogativa biologica. Mentre la ricerca scientifica, che si occupa dei meccanismi che provocano le patologie, ci riporta inevitabilmente a fare i conti con questo “tradimento” di base, nelle persone è sempre più remota l’idea che dall’ambiente, dal cibo e, più in generale dal nostro modo di vivere e di pensare, vengano fattori critici così decisivi e compromettenti. Peggio ancora! Si è andato affermando uno “stile di vita” – valori, comportamenti, stati d’animo – che sono sempre più in conflitto con le nostre autentiche necessità e quindi non possono che generare sempre più malessere e malattie.

Questa è la ragione prima che spiega tutte le manifestazioni problematiche, da quelle tumorali a quelle organico/metaboliche, fino a quelle ansiogeno/depressive; insomma che si tratti di cancro, di obesità, di ipertensione, di infarto, di diabete, di infezione virale, di attacchi di panico o di depressione, la logica di fondo è sempre la stessa: quando un organismo è lontano dalle sue condizioni ideali, soprattutto se in misura rilevante e ripetutamente, deprime e compromette quella virtù naturale che lo vedrebbe capace di mantenere il suo equilibrio funzionale fino alla fine del suo percorso. La cosa straordinaria è che questa vocazione biologica, questa tensione vitale, è sempre presente. Questa considerazione – su ciò che siamo e su come funzioniamo – è il principio della consapevolezza. Un atto di umiltà e di amore necessario per raddrizzare le sorti delle nostre esistenze e per l’affermazione di una cultura del vivere basata sul rispetto e sulla responsabilità, per un benessere autentico e duraturo.

Insomma: provochiamo malattia, non agiamo sulle cause, interveniamo farmacologicamente o chirurgicamente nel tentativo di ripristinare una naturalità compromessa. Un paradosso senza via d’uscita, reso ancora più evidente nella fase di “cura”: a debilitazione si aggiunge debilitazione, mentre sarebbe questo il momento, ancora più opportuno, di guardare alle risorse e alle energie riparatrici interne. Quello che occorre, in definitiva, è un lavoro educativo nuovo: temi riflessivi, conoscenza oggettiva, strumenti e soluzioni pratiche per sviluppare uno stile di vita coerente con la natura dei nostri bisogni e per favorire uno stato di coscienza che faccia intendere che la salute, la gioia, sono una possibilità alla portata di ogni essere umano.

SIAMO E MERITIAMO MOLTO DI PIÙ DI QUELLO CHE CREDIAMO E DI QUELLO CHE CI HANNO FATTO CREDERE… OCCORRE SCOPRIRLO E PRATICARLO!

Per saperne di più leggi: IL VIRUS SIAMO NOI (Ed. LeDueTorri) – CODICE VITARIANO (Anima Edizioni) di Corrado Ceschinelli

Ad maiora semper

Corrado Ceschinelli