Che il piacere produca benessere lo sappiamo tutti, ma oggi non è più solo un auspicio o una “boutade” ben augurante per rendere più “piacevole” l’esistenza. È molto più scientifico di quanto si possa immaginare. La nuova medicina, in particolare la PNEI (Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia) studia i meccanismi psico-chimici attraverso cui, le emozioni e gli stati di coscienza, agendo sul sistema immunitario, influenzano lo stato di salute e di benessere generale. La PNEI ha dimostrato scientificamente, come il semplice provare piacere stimoli una serie di neurotrasmettitori che, a loro volta, innescano una sequenza di reazioni biochimiche a cascata, potenziando le nostre difese, il nostro sistema ormonale, e stimolando quindi l’autoguarigione del corpo. Detta così verrebbe da pensare che qualsiasi piacere sia in grado di innescare questo processo: in parte potrebbe anche essere vero, se non ci trovassimo a fare i conti con gli effetti e le ricadute di quei comportamenti che attentano alla nostra integrità. Per capirci, se il piacere non è rispettoso della nostra costituzione, sia sul piano fisico che mentale, al di là di un momentaneo appagamento, ne subiremo inevitabilmente le conseguenze, non certo vantaggiose. Il che, viste le condizioni di salute e il livello di tensioni relazionali del genere umano, ci porta quantomeno a sospettare di quanto si stiano tradendo e compromettendo queste leggi e questi meccanismi. Rimane di fondo questa tensione, questa vocazione, che possiamo ascrivere alla natura e alla soddisfazione dei bisogni. Come a dire che tutto tende (ed è necessario che tenda) all’equilibrio, alla gioia, al piacere. Non ho mai incontrato nessuno che mi abbia detto di quanto stava bene stando male.
Tutto ci riporta alla “presa di coscienza”, ovvero ad un percorso che passa dalla conoscenza e dalla consapevolezza di Sé. Un viaggio intimo necessario per correggere gli equivoci della nostra esperienza di vita, tra ferite e luoghi comuni che intrappolano il nostro cervello e strutturano suscettibilità e comportamenti lesivi e offensivi.
La PNEI ha identificato due meccanismi biologici, associabili a salute e piacere. Il sistema “endocannabinoide” e il sistema “oppioide”. Il sistema endocannabinoide si attiva in condizioni di piacere, e stimola il sistema immunitario. È connesso alla vita cosciente, all’espansione di coscienza e alla ghiandola pineale. Ci rilassa, favorisce la digestione e l’assimilazione dei nutrienti, migliora il sonno, stimola il dimenticare. Il corpo ha bisogno di dimenticare: la mente ha bisogno di lasciar andare, per vivere serenamente e superare i traumi. Il sistema oppioide, invece, si attiva negli stati di stress, di dolore, d’ansia, di irritabilità e, al contrario, indebolisce il sistema immunitario, inducendo uno stato di infermità, di malattia. È connesso alla vita inconscia e alla ghiandola pituitaria.
Conseguenza di questo fenomeno è che le persone malate, con difese immunitarie ridotte, hanno maggior difficoltà a provare piacere in generale, rispetto alle persone sane, non solo per il loro stato di dolore o prostrazione, ma perché la loro pulsione vitale si è affievolita.
Il piacere è uno stato dell’essere che si costruisce con il favore della nostra coscienza, della nostra presenza, della nostra responsabilità, proprio per sottrarlo alle lusinghe e alle illusioni di una civiltà che, su quel bisogno, ha costruito la sua fortuna a discapito della vita. Il piacere quindi non va solo inteso come divertimento sfrenato, in quanto, alla lunga, provoca il suo opposto, che è la depressione e la frustrazione. Il piacere che va ricercato è qualcosa di più profondo, che ha a che vedere con la gioia delle piccole cose, con la natura di ciò che siamo, con il senso della vita e – lasciatemelo dire – con uno stato di salute conforme alla nostra rilevanza biologica.