ADORO IL NATALE! Le sue atmosfere, i sui colori, i suoi sapori… nostalgie ed emozioni che mi fanno gioire e commuovere. Sono consapevole di quanta speculazione e consumismo lo inquini e lo camuffi di un buonismo che spesso non corrisponde a un sentire sincero e autentico. Se sincerità e autenticità fossero perenni, sarebbe Natale sempre. Comunque sia, i significati del Natale sono nella nostra memoria, tanto da non lasciarci indifferenti, tanto da farci fare gesti spontanei, cortesie e carinerie fuori dall’ordinario. Tutti diventiamo “più buoni” (come si suol dire), più inclini alla relazione; è come se ci fosse un momentaneo alleggerimento della tensione personale e sociale, e una maggiore leggerezza d’animo che cambia il clima, l’ambiente, per dirla con il linguaggio di oggi, “l’energia di campo”, con benefici umorali diffusi. Nei nostri ricordi il Natale era, ed è rimasto, il periodo dei grandi propositi, delle grandi intenzioni che – ahimè – naufragavano (e naufragano) nella realtà più profonda e radicata della nostra storia, della nostra esperienza, della nostra personalità. Chi non ricorda, nella sua gioventù, quanta poesia e quanto calore c’era in quei giorni, nel presepe, nell’albero, nel piacere di ritrovarsi tutti assieme a pranzo, come se fossimo tornati da un lungo viaggio, manifestando quell’umanità genuina che ognuno ha dentro di sé naturalmente, tanto che l’epifania (“che tutte le feste porta via”), lasciava sempre (e lascia tuttora) un po’ di amaro in bocca. A pensarci bene, con gli occhi e il cuore di oggi, mi sento di dire che quel bisogno, quel piacere, corrisponde così tanto alla nostra natura che, non solo avrebbe necessità di essere riconosciuto, ma anche perennemente ricordato, realizzato ogni giorno. Il segreto, il significato più profondo, al di là delle attribuzioni religiose o commerciali, al di là delle proprie dinamiche e paure, delle proprie maschere e difese, credo stia proprio nella nostra essenza e nel desiderio congenito di dare e ricevere amore. Capirlo e farlo diventare ragione di vita, passione, è l’inizio della fine dei nostri tormenti e della nostra solitudine. Il Natale da solo non basta, ma è un monito per riflettere e per riconoscere, oltre quel trasporto spontaneo, un aspetto della nostra anima, della nostra vera natura, che necessita di quella consapevole presa di coscienza capace di portarci in una dimensione quotidiana di armonia e rispetto. Senza pretendere di generalizzare la mia esperienza personale, alla quale posso sicuramente aggiungere le vicende e le vicissitudini della moltitudine di persone che incontro e aiuto, credo fermamente che il significato della vita, nonché le ragioni della sofferenza, ruotino, più di quanto si possa credere, intorno a questo processo, a questo percorso. Il rammarico più grande che provo, che si collega a questa mia riflessione, è proprio nell’osservare come esistano, in ogni individuo, momenti di autentica umanità e, al tempo stesso, dolori e difficoltà, dei quali non sappiamo cogliere la portata trasformativa, lasciandoci dominare da una superficialità esteriore, che il sistema che ci governa ha tutte le ragioni ad alimentare e conservare per suo esclusivo interesse. E allora che Natale sia, se non per sempre, almeno per quei momenti in cui non riusciamo a liberarci da soli di quella approssimazione e trascuratezza che spesso ci rende insensibili alla nostra, e altrui, vita.