Questa mattina mi sono svegliato con la notizia di sei femminicidi negli ultimi giorni. Ma è solo l’ultima drammaturgia di una realtà che è la cartina tornasole di questo momento molto particolare che sta attraversando l’umanità. Non voglio fare il resoconto di tutte le disgrazie che sono in corso d’opera: credo ne abbiate visione e riscontro quotidiano. Anche perché la storia non è certo priva di drammaticità. Posso solo dire, con matematica certezza, che ciò che si rappresenta è sempre e solo riconducibile alla natura umana. Ora, se fosse vero che in quella natura ci sono tutte le spiegazioni della rabbia, della cattiveria, della sopraffazione, non vedo di cosa dovremmo discutere o riflettere. Non ci rimarrebbe che raccomandarci a Dio sperando che, in futuro, nascano e crescano persone di animo buono. Sarebbe come dire, ancora una volta, che la salute è una questione di buona sorte, senza immaginare quanto i fattori ambientali, le decisioni, gli stili di vita, gli stati emotivi, influenzino e decretino la qualità e la durata della nostra esistenza. Allo stesso modo la nostra salute mentale (se per salute mentale intendiamo lo sviluppo potenziale e armonioso della personalità e il raggiungimento della maturità, dell’autonomia e della saggezza) è fortemente connessa all’esperienza, all’educazione, a quanto la cultura degli uomini ha considerazione di questa verità e dei suoi processi. Non dovremmo meravigliarci di quanto sta accadendo, ma piuttosto cercare di capire cosa, e per quali ragioni, sta accadendo. È vero che da più parti assistiamo a questo “risveglio” che necessariamente passa dalla presa di coscienza individuale, con un duplice vantaggio: da una parte quello di riprendere il nostro cammino evolutivo verso la nostra salute fisica e mentale, e dall’altra, liberi dalle nostre paure e dalle nostre illusioni, di renderci disponibili per aiutare gli altri, per costruire il bene di tutti.
La linea di confine tra il vecchio mondo e il nuovo, che sta nascendo, è ancora molto confusa e contradittoria, anche se il dibattito, le iniziative, le occasioni, gli studi, le ricerche, sono sempre più numerose, e animate dalla consapevolezza delle persone che onestamente sono nel processo o a favore di esso. I meccanismi di resistenza e di difesa sono subdoli e radicati nella mente di ognuno, tanto che la prima “battaglia” da intraprendere è proprio quella con sé stessi, e su questo occorre armarsi di pazienza e tenerezza per evitare giudizi e pregiudizi, verso sé e verso gli altri, che non sono altro che la riprova del proprio stato di dipendenza. Occorre capire e abituarsi a considerare le cose da un altro punto di vista, che contempla la vita oltre le nostre impressioni, convinzioni e credenze. Per questo ci vuole un nuovo orizzonte di riferimento, con il quale sia possibile rivisitare la nostra percezione e sperimentare il potere della nostra coscienza, fatto di quiete e di gioia per ogni attimo di vita che ci è dato di vivere. Quanta sofferenza ho incontrato questa settimana, ma anche quanta intraprendenza e voglia di riscatto, carica di progetti e propositi. Quanta forza ha la verità della natura e quanto mi sento onorato nel poterla, doverla, raccontare. Mentre sto scrivendo mi chiama Roberta, dalla provincia di Varese. L’innocenza della sua narrazione è quanto mai disarmante, piena di luoghi comuni, di sbuffi, di “ormai”, di “è difficile”, ma lascia basiti il suo disagio, la sua sofferenza, il suo disorientamento. Sono bastati dieci minuti di amorevole riflessione per accendere una speranza, per far intravedere una direzione, per cambiare una predisposizione. Quanto poco basterebbe per cambiare le cose, se solo si vuole, dando spazio alla propria sensibilità.