Carissimi lettori di questa rubrica, rieccomi in pista per riprendere quest’abitudine che per due anni mi ha visto impegnato ogni lunedì, e che adesso condivido con gli amici di Iniziative Educative. Non avrete sicuramente sentito la mia mancanza, perché i temi trattati dai miei partner, sono stati, non solo coerenti con lo spirito riflessivo di questo spaccato giornalistico, ma anche molto stimolanti e originali.
Intanto che smaltivo la mia “sbornia” di fedeltà e continuità, ho fatto molte serate di presentazione del mio libro “Cambiamente”, ho incontrato molte persone, ho condiviso con loro l’importanza del cambiamento e il suo peso/significato nell’economia della salute. Ma non solo. Ho letto diverse cose sullo stesso argomento, frequentato nuovi corsi, approfondito nuove tecniche e strategie “terapeutiche”. Oggi, più di ieri, sono convinto che il problema principale dei nostri tormenti e delle malattie è sostanzialmente nella nostra visione delle cose, della vita. Quello che si aggiunge è una sempre maggior chiarezza e comprensione sul ruolo della mente, del cervello, o se volete, del sistema nervoso, nel regolare tutta una serie di processi che si traducono in decisioni, diventano emozioni e stati d’animo, e possono compromettere una funzionalità riparatrice che, proprio a partire dal cervello, trova risorse ed energie a noi sconosciute, e sicuramente non sfruttate, se non in modo del tutto fortuito. Per questo la nuova medicina, che ha una visione più approfondita della correlazione e dell’interazione dei fenomeni, sostiene che non c’è guarigione vera se non c’è cambiamento; cambiamento inteso e imprescindibile per correggere e recuperare ciò che, casualmente, è andato perso delle nostre prerogative.
Insomma, siamo arrivati laddove ci limitavamo a sostenere che l’uomo non sfrutta più del 5-10% delle sue facoltà mentali. Eppure avevamo già visto l’effetto placebo, i miracoli, le guarigioni a distanza, ecc. Le neuroscienze e la fisica quantistica ci aiutano a capire parte di quest’oscuro, ci spiegano meglio cosa impedisce il naturale evolvere di questa potenzialità e sperimentano nuovi percorsi di sblocco della coscienza, che significa liberare il cervello dalla sua modalità “maledetta”. Maledetta perché nello stato di incoscienza, dove l’uomo non capisce la natura delle sue opinioni, delle sue idee, delle sue emozioni, può poca cosa contro il funzionamento della sua mente. È proprio così! La nostra logica, la nostra capacità pensante, è solo un’illusione. In realtà siamo governati da una memoria (inconscia) senza nemmeno rendercene conto. Con l’idea che sia una questione di carattere, di posizioni personali, non facciamo altro che rinforzare quelle modalità di azione e di reazione senza nemmeno immaginare che in realtà sono solo risposte, sinapsi, automatismi, a partire da quello che abbiamo
vissuto, visto, appreso, sperimentato, nel bene e nel male. Per capirci, il cervello non è ne buono ne cattivo: è semplicemente come un computer. Elabora dati a partire dai programmi che abbiamo installato lungo il corso della vita; programmi che decodificano stimoli e organizzano risposte: pensieri, emozioni, opinioni, comportamenti.
Voi capite che questo aspetto è rivoluzionario. Si apre una prospettiva del tutto nuova per il destino delle nostre singole vite e per l’umanità intera. Se pensate a tutti gli effetti collaterali, in termini di salute, di violenza, di disarmonia nonché alla miopia di una civiltà volta solo a curare le conseguenze personali e sociali di questa aberrazione, allora la domanda diventa: i nostri programmi installati sono corretti? Favoriscono lo sviluppo della nostra personalità e delle nostre potenzialità, o le inibiscono? Producono risposte funzionali o dis-funzionali? La difficoltà nasce dal fatto che questi programmi sono nella memoria inconscia, e agiscono con una velocità di risposta allo stimolo che precede di gran lunga l’azione della ragione, decisamente molto più lenta e ritardata. Di conseguenza è molto facile confondere queste risposte come un tratto caratteriale e/o un modo di essere personale. L’ulteriore difficoltà è che non abbiamo confidenza con quel mondo, con i suoi linguaggi, con le sue regole, e quindi rimaniamo intrappolati in una porzione di noi che è dominante, nostro malgrado, fintanto che riconosciamo il processo, impariamo a osservare, uscendo dai cliché di stimolo/risposta programmata, e cominciamo a dialogare con l’inconscio, sfruttando i tempi di azione/reazione nel giusto modo. Le stesse neuroscienze parlano di “neuroplasticità” proprio per sottolineare la capacità del cervello di poter “guarire” da questo condizionamento, e poter così tornare a svolgere il suo compito taumaturgico e benedetto, sia per l’affermazione della natura umana, presupposto d’amore, e di convivialità tra persone e popoli, sia per il mantenimento della salute e del benessere psico-fisico vero.