Per “guarire”, occorre agire (nelle piccole azioni, nei comportamenti, nello stile di vita)… QUESTO È TUTTO!
Lo stato dell’essere tra dimensione interiore (emozioni, pensieri, stati d’animo) e quello che succede nel vissuto “umano” (azioni e reazioni… aspettative, desideri e comportamenti) non può che risultare dall’esperienza vissuta, dall’educazione ricevuta, dalle offese e dalle, piccole e grandi, violenze subite. Per dirla in altro modo, tutto il manifestarsi di Sé avviene in una modalità causale e casuale, e dipende dal grado di consapevolezza, o dal livello di coscienza, che la persona ha delle proprie dinamiche e della realtà.
La personalità che ne deriva, per sopravvivenza e adattamento, perde ogni legame con la propria natura, con la propria autenticità e con la propria anima. Questo stato di Sé, alienato e condizionato, inconsapevole e inconscio, genera molta sofferenza e malattie, confusione e inquietudine, che hanno (avrebbero) l’unico scopo di renderci consapevoli di questo paradosso, e di riportarci nel campo della vita vera e delle sue incontestabili, e irrefrenabili, leggi biologiche ed evolutive. Mancando di visione e considerazione, di presenza e responsabilità, viene a mancare un radicale equilibrio con la propria essenza e con la propria costituzione.
Questa condizione di “incompetenza inconsapevole”, o stato di ignoranza (da ignorare), è predominante nella percezione/elaborazione della realtà e la persona non può che cercare compensazioni, più o memo lecite, più o meno lesive, nel variegato mondo del mercato dei beni e delle idee, cercando rimedio nei farmaci, nelle cure palliative, nella chirurgia, o in qualsivoglia anestetico, senza dubitare minimamente della propria distorsione percettiva, della propria incoerenza esistenziale, e della colossale menzogna che plagia la sua coscienza, offende il suo corpo e domina il mondo. Chi tesse le fila di questo gioco contribuisce ad incalzare questa condizione alimentando illusioni di ogni genere, facendo credere che tutto è “bello, buono e lecito”, ma anche fomentando paura e separazione, rabbia e discriminazione, e non ha nessun interesse che si scopra la verità, perché la verità renderebbe liberi… liberi da questa alienazione e schiavitù, e propensi al bene proprio e a quello di tutti.
Il “risveglio” è, prima di tutto, un processo di liberazione della propria coscienza. È un lavoro di coerenza con sé stessi, non solo una interpretazione di concetti, principi e valori, una delle tante definizioni della propria personalità, nell’esercizio del linguaggio, degli argomenti o delle citazioni, affini. Non è nemmeno un moto di ribellione, una esternazione irrazionale o ideologica, rivolta all’esterno (abbiamo visto come sono finite tutte le “rivoluzioni” in passato). Non è quindi un’idea! Per questo è necessario riconoscere l’equivoco “intellettuale” e portare la conoscenza nella vita di tutti i giorni; necessita di onestà di intenti, di approfondimento, di pazienza, ma soprattutto di pratica, sia riflessiva che di cambiamento delle proprie abitudini e dei propri sentimenti.
Nelle prime fasi – spesso… molto spesso – è utile una “guida”, purché sia una figura che abbia raggiunto la necessaria liberazione dal proprio ego, dalla propria personale immaturità. Solo così può aiutare e favorire, nell’altro, l’autonomia e l’indipendenza, sia dall’aiuto, che dalle trappole insidiose del processo stesso. Rimanere nell’illusione teorica, anche se spirituale, non è certo una colpa ma è un equivoco che blocca il processo, con sé stessi e, di conseguenza, anche nel mondo delle prestazioni d’aiuto.
Occorre anche sapere che nei primi stadi del risveglio, non si ha ancora una chiara visione di quello che lo sviluppo della coscienza è in grado di aggiungere alla propria esistenza. È qui che ci vuole Fede e Fiducia. Non si ha (ancora) una grande capacità di percepire il mondo esterno come una proiezione di sé stessi, della propria personalità, a causa di una (ancora) debole connessione con la propria l’anima. Tutto questo interferisce sulla padronanza del proprio pensiero, sulla capacità di dissociarsi dai propri “ragionamenti” e dalle proprie emozioni, influenzate, oltre che dai propri automatismi, anche dell’ambiente e dal comportamento altrui.
Se accettiamo l’idea di “imparare” possiamo accettare anche l’idea di darci il tempo necessario per farlo. Allora la vita assume tutt’altro interesse e passione e tutto si definisce come un lavoro interiore per familiarizzare sempre più con l’energia che ci Anima e con quel “DIO” che vuole solo la nostra considerazione, e sintonia, per darci la pace, la salute e la realizzazione che ci spetta e che ci meritiamo.
Ad maiora semper
Corrado Ceschinelli