Riflessioni di un padre non pentito.
Ho cominciato a fare il padre senza volerlo, senza saperlo. Continuavo a dire a me stesso che “avrei fatto un figlio” quando mi sarei sentito pronto. Pronto a che cosa non lo sapevo allora e non lo so nemmeno adesso. Un altro argomento giustificativo era quello di resistere all’idea sconsiderata di mettere al mondo una creatura in questa realtà di ingiustizie e di difficoltà.
Penso che, se non ci avesse pensato la vita, avrei potuto condurre un’intera esistenza a scansare responsabilità e a crogiolarmi nel mio mondo di fantasie e tormenti, o, forse, chissà quali altre occasioni, frangenti o pressioni mi avrebbe riservato il destino per evolvere verso la realtà. Quando ripenso a quell’epoca, a quei ragionamenti, rivedo tutte le mie paure e tutta la mia fragilità di allora, e solo ora capisco quanto quella prova, per me, sia stata cruciale. Oggi è tutto più chiaro, tutto più semplice. E nelle difficoltà degli altri, nei tormenti del vivere quotidiano, nei conflitti personali e sociali, nelle malattie, rivedo quel perdimento e quella spinta ma, purtroppo, anche la difficoltà di rendersene conto. Oggi, grazie a quest’esperienza, che mi ha “costretto”, nel bene e nel male, ad affrontare molti dei miei demoni, vivo meglio ma, soprattutto, riesco ad aiutare chi ha bisogno, chi mi chiede aiuto, partendo dal vissuto, prima ancora che dal poter esibire chissà quale accredito formale.
Essenzialmente, io sono nato con mio figlio. Qualcun altro rinasce da una malattia, da un abbandono, da una depressione, da una tragedia. Anche per me, è stato così. Quanto Luca muoveva i suoi primi passi, altrettanto io muovevo i miei, nella direzione della realtà. Certo che pensare alla crescita di un figlio, e doversi preoccupare contemporaneamente della propria, è una bella partita. Naturalmente questa è una lettura/ricostruzione a posteriori: a quei tempi neanche me ne rendevo conto. Il cambiamento è stato un processo spontaneo e pieno di contraddizioni però, i sentimenti, le emozioni e l’amore che nasceva da quella situazione, hanno pian piano plasmato e ammorbidito la mia mente e il mio cuore. Del resto, questa è la mia storia. Non è che essere padre, o genitore, automaticamente mette in moto la propria evoluzione. Anzi, molto spesso, nel mio studio, incontro sofferenze e difficoltà di relazione, a dimostrazione che, in quei casi, sono prevalse le rabbie e le paure patite a qualsiasi sollecitazione successiva. Quelle rabbie e quelle paure purtroppo finiscono nell’introversione personale o nelle modalità di relazione, con danni e conseguenze inevitabili sia sullo sviluppo della personalità che nell’inasprimento dei rapporti come nelle condizioni di benessere psicofisico. Quello che è certo, è che per me, questa situazione, non cercata, non richiesta, chiaramente casuale e contro ogni resistenza, è stata la mia prova, la mia occasione. Sul piano pratico, una goccia che ha corroso la mia corazza e le mie difese, preparando il terreno e le condizioni ad aperture di pensiero e di visione che sono venute solo successivamente, e solo grazie a questo lavoro di ammorbidimento. Un lavoro passato attraverso un forte contatto fisico, dal condividere tempo, giochi, passioni, e animato dalla curiosità e dall’osservazione disincantata. Non è stata sicuramente una passeggiata e nemmeno priva di effetti collaterali o contraccolpi. Le cose con la mamma di Luca non sono andate altrettanto bene, credo per collisioni e implicazioni sulle quali nulla abbiamo potuto, perché chiedevano una capacità “adulta”, e una consapevolezza che non avevamo. Con Luca, in un certo senso, è stato più facile. La pressione era inferiore, ed io avevo tutto il tempo di sperimentarmi, senza dover fare i conti con il mio carico emotivo conflittuale, tanto che, quando lui, era più in grado di comprendere, anch’io ero più pronto a parlare di me, con una visione della vita sufficientemente libera per dare un contributo alla sua libertà. Ai suoi diciassette anni ho sentito persino il “dovere” di chiedergli scusa: un pretesto per rivedere insieme, dal punto di vista umano e coscienziale, tutta una serie di errori e sofferenze che hanno fatto parte della nostra vita, liberandole così dall’idea della colpa o della rabbia. Poi, da padre, con questa maturità, con questa responsabilità, ho osservato e vigilato le cose da lontano, non perdendo occasione di confrontarmi e rapportarmi con Luca, via via che acquisivo, attraverso la mia personale riflessione, aspetti che ritenevo utili alla sua esperienza, alla sua crescita. Così mi sono accorto che si comincia a comprendere la vita quando la si deve spiegare ai figli. Amo la nostra relazione per il peso/significato che ha avuto, e ha, nella mia vita. Adesso Luca è partito, con la sua compagna, per l’Australia. Ha lasciato sicurezze e comodità che autonomamente si era costruito e guadagnato in Italia. Ha lasciato tutto questo per vivere un sogno. Siamo stati insieme alcuni giorni, non accadeva da molto tempo e ci siamo, per così dire, “aggiornati” sulle ultime intuizioni/conoscenze, ma ci siamo anche abbracciati, coccolati e, soprattutto, abbiamo riso tanto. Nella sua scelta, nel suo modo di stare al mondo, nel suo sogno, ci trovo tutto quello che oggi mi fa inorgoglire di essere stato padre, quel padre “non voluto” che mi ha dato tanto. Grazie bocia!