
Una delle difficoltà principali che, col tempo, ho riconosciuto essere stata anche la mia, e che oggi considero come la sfida più grande del vivere, è quella della “presa di coscienza”. Con questo termine intendo la capacità profonda di accettarsi per ciò che si è e di riconoscere le cose nella loro essenza, così come sono. In ogni manifestazione della vita, tutto accade grazie al flusso continuo di energia, alla straordinaria combinazione di forme e all’equilibrio che esse creano.
Senza coscienza, la vita risulta automatica, lineare, mossa da impulsi istintivi. Nessuno si interroga su ciò che potrebbe essere diverso dalla propria natura; si vive come se si fosse separati dal tutto, come se fossimo esseri isolati, indipendenti dalla realtà che ci circonda. Eppure, la percezione di questa separazione è la base dell’alienazione che caratterizza gran parte della nostra esistenza. Ogni generazione riproduce lo stesso errore, inconsapevolmente trasmettendo l’illusione di poter “curare” gli effetti collaterali che noi stessi abbiamo generato, in un ciclo di decadenza senza fine.
Senza l’attivazione della coscienza, è facile identificarsi con la parte di sé ferita: la paura, le difficoltà, le sofferenze, come se fossero stati naturali. Senza coscienza, non si riesce a riscoprire il proprio cammino di crescita, né a comprendere lo stato emotivo che ci guida, né a evolvere verso stati superiori di amore, perdono e fratellanza. Non è possibile ascoltare e seguire l’intuito, né sperimentare la forza vitale che nasce dalla pace interiore.
Non dobbiamo cercare colpevoli, né attribuire responsabilità particolari a qualcuno. Tuttavia, ognuno di noi possiede la facoltà e la possibilità di risvegliarsi, di prendere coscienza e di redimere la propria esistenza, contribuendo al bene comune e al progresso dell’umanità.
In un mondo che continua a ruotare attorno al “bailamme” della vita quotidiana, si è testimoni dello stesso caos, indipendentemente dal ruolo o dalle responsabilità che ricopriamo. Per “guarire” noi stessi e per aiutare gli altri, per contribuire al cammino collettivo verso la libertà, è fondamentale prendere coscienza. Non parlo di una risoluzione definitiva, ma della consapevolezza del processo dinamico della vita, che va vissuto con la necessaria tenerezza e pazienza.
La vita è in continua e perenne evoluzione. Ma quando la coscienza, e non le emozioni o la mente, guida questo processo, tutto diventa più semplice e possibile. Come affermava il filosofo William James: “Accetta che sia così. Accettare quanto è accaduto è il primo passo per evitare le conseguenze di qualsiasi disgrazia.”
Anche il mio caro amico, il filosofo Andrea Zurlini, sottolinea l’importanza del lavoro interiore: “Il lavoro su di sé fa progredire ed evolvere spiritualmente. È il potere insito dentro di noi che è in grado di ‘decidere’ come interpretare, vivere e trasformare ogni situazione… Gli alberi, la natura, gli animali, non sono in ansia, non si lamentano, non fremono, non si ammalano di ulcere e non imprecano contro Dio.” Quel potere che permette di accettare, trasformare e vivere pienamente è quello che chiamiamo coscienza.
In conclusione, la coscienza non è solo un concetto astratto, ma una forza concreta che può trasformare la nostra vita e la nostra relazione con il mondo. Essa è la vera via dell’essere, il punto di partenza per una vita più autentica, serena e in armonia con il tutto.
Ad maiora semper.
Corrado Ceschinelli
intervista di Marco Fiorese a Corrado Ceschinelli
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