L’unico modo per risolvere le “pene d’amore” è uscire dalle proprie “pene personali”, dalle proprie ferite e paure, che diventano poi pretese, critiche e lamentele. Questo è l’unico modo per evitare che l’altro/altra sia oggetto, bersaglio, dei propri tormenti e delle ostentazioni del proprio Ego(ismo).
Il rapporto, la relazione con l’altro, può essere, può diventare, una grande opportunità di “guarigione”, prima di tutto, e soprattutto, di sé stessi. Questa è l’unica condizione che restituisce dignità e pace alla propria vita interiore, necessaria per Amare veramente e per contribuire alla propria e altrui felicità.
È un processo, una trasformazione necessaria, che non risparmia nessuno (me compreso) perché tutti siamo nati e cresciuti nella dis-educazione, nel dis-amore… anche se ognuno ha fatto – e fa – del suo meglio, per quello che era – ed è – in grado di essere e di fare.
CAPIRLO fa LA DIFFERENZA… PRATICARLO è LA REDENZIONE!
La vera salvezza è uno stato di libertà dalla paura, dalla sofferenza, da ogni bisogno, necessità, attaccamento e possesso. È libertà dal pensiero ineluttabile, dalla negatività, dal passato e futuro come bisogno psicologico. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è già dentro di noi, non è necessario andarlo a cercare fuori, o nel passato, o in altre vite. Nello stato di “illuminazione”, di consapevolezza, noi siamo, diventiamo “noi stessi”, non ci giudichiamo, non abbiamo sensi di colpa, non siamo né orgogliosi né ci odiamo. Proprio i sensi di colpa sono i parassiti più gravi che possiamo avere, perché ci riportano al passato.
Fintanto che non accediamo alla frequenza di consapevolezza della presenza, tutti i rapporti umani saranno disfunzionali. Potranno sembrare perfetti per un po’, come quando siamo innamorati, ma inevitabilmente quella apparente perfezione verrà sconvolta quando litigi, conflitti, violenze emotive e fisiche avranno luogo con frequenza crescente. La maggior parte dei rapporti di amore diventa rapporto di amore/odio entro breve tempo, oscillando tra due polarità, e fornendo piacere e dolore in egual misura. Così riemergono le sensazioni di paura, dolore e mancanza che erano state mascherate dal rapporto d’amore. Così come in ogni tossicodipendenza. Quando ricompaiono quelle sensazioni dolorose, in misura maggiore di prima, le percepiamo come causate dall’altra persona, proiettandole all’esterno, e attacchiamo l’altra persona con tutta la violenza/rabbia che fa parte del nostro dolore. Quest’attacco a sua volta può risvegliare il dolore dell’altra persona, che potrà controbattere il nostro “attacco”: ecco il conflitto! Non è insolito per le coppie diventare dipendenti da questi cicli, e quando i cicli negativi, distruttivi, si ripetono con frequenza crescente, allora il rapporto crolla definitivamente.
Ogni dipendenza nasce da un rifiuto inconsapevole di affrontare e superare il proprio dolore. Ogni dipendenza comincia con il dolore e finisce con il dolore. Qualunque sia la sostanza verso cui abbiamo sviluppato una dipendenza (alcool, cibo, farmaci, droghe, tabacco, ideologie, religione, comportamenti di ogni genere… una persona) noi utilizziamo qualcosa o qualcuno per mascherare o anestetizzare il nostro dolore. Ecco perché quando è passata l’euforia iniziale, vi è tanta infelicità, tanto dolore nei rapporti amorosi; questi non causano dolore e infelicità, ma tirano fuori il dolore e l’infelicità che sono già in noi.
Tuttavia, ogni crisi rappresenta non soltanto un pericolo ma anche un’occasione. Con il riconoscimento e l’accettazione dei fatti giunge da essi u nuovo atteggiamento, un grado diverso di presenza, umiltà e di libertà. Quando sappiamo che vi è disarmonia, che non siamo in pace, il nostro sapere crea uno spazio tranquillo perché avvenga la trasformazione. Quando il nostro rapporto non funziona, quando fa emergere la “pazzia” in noi e nella persona amata, dobbiamo essere contenti, perché ciò che era inconsapevole viene portato alla luce: è un’occasione per la salvezza. Il rapporto diventa allora la nostra pratica per farci evolvere, per renderci consapevoli, per trasformare la nostra vita non importa se il nostro compagno o la nostra compagna non vuole collaborare, perché la consapevolezza può venire al mondo soltanto attraverso noi stessi. Il più grande catalizzatore del cambiamento in un rapporto affettivo – più in generale nella vita – è l’accettazione completa della realtà, senza giudizio. Rinunciare al giudizio, non significa che non riconosciamo la disfunzione, l’ingiustizia e l’inconsapevolezza quando la vediamo o l’incontriamo. Significa “essere il sapere” anziché “essere la reazione” e il giudice. Essere il sapere crea uno spazio libero di presenza affettuosa che consente a tutte le cose e persone di essere come sono. Questo è lo stato, la condizione, per prenderci cura di noi e lasciare che la nostra Anima faccia il suo corso. Il reso verrà da sé perché così è scritto nel volere della vita.
CAPIRLO fa LA DIFFERENZA… PRATICARLO è LA REDENZIONE!
Ad maiora semper
Corrado Ceschinelli