In questi giorni, diverse situazioni e accadimenti, mi hanno portato a pensare l’articolo che sto scrivendo. Ma una in particolare è curiosa e, quantomeno, sincronica. In contemporanea mi arriva una chat in Facebook da Samuele – un ragazzo incontrato ad uno dei miei corsi sulla sicurezza – che mi segnala un esperimento fatto nel 1967 dal dott. Stephenson in cui erano coinvolte 10 scimmie. Il tutto per dimostrare che alcuni comportamenti, o modi di essere, si ereditano senza farsi nessuna domanda sul loro perché e sul loro per come.
Una nuova regola era stata tramandata alla generazione successiva, ma le sue motivazioni erano scomparse, con la scomparsa del gruppo che l’aveva appresa. È interessante la considerazione e l’esortazione di Samuele che dice, di suo: “Non smettere di indagare, di chiedere, di trovare nuovi paradigmi. Spesso il nostro modo di agire è solo il frutto di azioni che ripetiamo perché l’abbiamo visto fare da altri, senza sapere bene il perché. Cambiate le vostre abitudini. Non abbiate paura. Sfuggite al più grande esperimento sociale mai visto nella storia, quello di consumare quello che altri vogliono che consumiamo, quello di evitare che ci poniamo domande, che troviamo nuove soluzioni per vecchi problemi… Grazie per avermi avvicinato a cose che prima non consideravo nemmeno… è stato un vero piacere incontrarti.” È proprio così. Da piccoli i “no” e i “perché” pullulano il nostro bisogno istintivo, naturale, di affermazione e di comprensione del mondo. Via via che incontriamo diktat educativi (non si fa e non si dice), giudicanti (brutto e cattivo), negazioni (no, perché no!), ricatti, pressioni e sofferenze varie, si è costretti ad abbandonare quel canale dialettico con il nostro autentico sentire. Spariscono le domande, quelle giuste, per lasciare spazio all’accomodamento, all’adattamento. Quella natura viene dimenticata, così come viene persa l’abitudine dei “no” e dei “perché”, e tutto si indottrina come se fosse la cosa più naturale. Lo sviluppo della personalità, dell’autonomia, della libertà, rimane bloccato ai suoi esordi infantili, congelato laddove l’abbiamo lasciato, in preda a emozioni inespresse e inesprimibili, pena l’isolamento e la colpa. La strada che si intraprende è quella di mentire a sé stessi pur di corrispondere alla scala dei meriti, delle aspettative e dei giudizi convenzionali. La visione della vita, le nostre decisioni, i nostri comportamenti, le credenze e le convinzioni che ci guidano, sono talmente condizionanti da risultarci credibili e normali. La distanza che si crea tra il nostro modo di essere e di vivere, e quello che sarebbe previsto secondo il corso naturale degli eventi e dei bisogni, segnerà la nostra felicità/infelicità, il nostro benessere/malessere e la nostra salute/malattia, lungo il corso della vita. Questa questione, considerato che il mondo è la somma degli individui che lo compongono, spiega anche il delirio e il perdimento del genere umano. Ma di domande giuste nemmeno l’ombra! Di nuovo, essendo tutto organizzato e tramandato – come per le scimmie di Stephenson – a noi tocca “ereditare” una montagna di luoghi comuni, di banalità e di abitudini, perché così si fa e così fan tutti. E anche quando veniamo investiti da un problema, da una malattia, da una difficoltà, la nostra reazione si muove tra quelle emozioni inconsce e l’affidamento passivo alle cure previste dal sistema. Quel momento, tanto prezioso per la vita, richiede a gran voce la riattivazione del “perché?”, del “no”, inteso come riapertura della nostra presenza, della nostra curiosità e della nostra responsabilità. Con quel “perché?” possiamo attivare risorse inimmaginabili, prime fra tutte la fiducia e la speranza, che emergono dal ricollocarsi nel mondo correttamente e dal riscrivere la nostra percezione, dal riprendere quel dialogo con noi stessi tanto importante per la nostra coscienza e per una “guarigione” dell’anima, molto più importante della guarigione stessa dal male specifico. Qualcuno ce la fa, e devo dire che tra le nuove scienze e la riflessione generale ci sono dei segnali confortanti. Forse siamo alla fine della perdizione, e all’inizio di una rivoluzione epocale. Concludo con una mail che ho ricevuto qualche giorno fa, da Alessandra, che ha “sconfitto” il male tanto temuto: “Ciao Corrado, grazie per tutto il materiale che mi hai mandato. Ho appena letto l’articolo “Giorgia e la sua anima” e ora sono molto felice… concludi dicendo “l’immaginazione crea la realtà e aiuta a risvegliare l’anima”, ed è proprio quello che è accaduto a me, e tu mi hai aiutato con il tuo libro “Cambiamente“, l’estate scorsa, quando la mia anima era morta. Dopo la piacevole giornata trascorsa insieme, proseguo ancora più convinta su questo percorso che senza malattia non avrei mai intrapreso… quanto bene mi sarei persa!