Maria è tormentata da anni da dolori cervicali, forti mal di testa e una generale stanchezza e perdita di vitalità. Il suo pellegrinaggio tra diversi medici, specialisti e operatori ha sortito solo una raccolta molto variegata di diagnosi, cure e trattamenti con risultati a volte peggiorativi, a volte di momentaneo sollievo (… dopo 10 giorni di trattamento reumatologico ho dovuto sospendere la cura perché mi creava un sacco di altri disturbi… ho preso per un mese circa un mio-rilassante, ma ho dovuto interrompere perché anche questo farmaco ha iniziato a darmi problemi, nausea, ecc… ho preso per un periodo un ansiolitico, che mi ha aiutato senza apparenti effetti collaterali, ma so che può creare dipendenza…). In ogni caso la discordanza di ipotesi e di prescrizioni non hanno fatto altro che aumentare la sua confusione e il suo disorientamento.
Maria arriva da me un po’ suggestionata dal mio libro ma anche – dopo tanta frustrazione – spinta dall’intuizione che, forse, c’è qualcosa d’altro di una semplice relazione diagnosi/cura. È significativa a tal riguardo la sua mail di contatto: ”Buonasera Corrado, mi chiamo Maria, ci siamo conosciuti lo scorso anno, ho partecipato ad una delle tue serate “Cambiamente”. Avrei bisogno di chiederti alcuni consigli riguardo ad un problema che mi tormenta da un bel po’ di tempo. Soffro da molti anni di dolori cervicali: di recente ho fatto anche una risonanza che non ha evidenziato nulla di rilevante. Negli ultimi 4-5 anni mi sono resa conto che queste tensioni muscolari sono scatenate soprattutto da momenti di stress psicologico: dopo un litigio, una discussione o tensioni varie, mi ritrovo con il collo bloccato e il mal di testa. Alcuni mesi fa il mio medico mi ha consigliato di fare una visita reumatologica per sospetta sindrome fibromialgica”.
Maria vuole inoltre verificare (e il dubbio le viene da una conferenza dal titolo “Di fibromialgia si può guarire”), se nelle sue abitudini alimentari non vi sia qualche causa “intossicante” o “scatenante”, e quindi capire quale eventuale strategia adottare per risolvere il problema o almeno avere dei benefici. La sua mail, e successivamente le sue risposte in un questionario che le ho fatto compilare, già mi danno un’idea della sua problematica. Quando incontro Maria osservo il suo modo di essere e di comportarsi: toni, tratti somatici, accenti verbali e micro espressioni.
Ascolto molto attentamente la sua descrizione spontanea e guido una conversazione che mi consente di verificare e di “misurare” una serie di connessioni e di risultanze. È ovvio che senza la capacità di costruire quel legame, tanto negato dalla medicina diagnostica, tra il vissuto emotivo della persona e la ricaduta simbolica sul somatico, senza cioè una chiave di lettura psicosomatica e senza ipotizzare la sofferenza dell’anima – se per anima s’intende il percorso di affermazione autentico di sé – viene difficile pensare e favorire la guarigione vera. Questa civiltà ha completamente dimenticato l’implicazione dell’esistenza umana, della Natura, della costituzione, della coscienza, e quindi, ognuno di noi, essendo artefice del proprio destino e della propria salute, è totalmente in balia della casualità e di quell’ignoranza (intesa come “non conoscenza”), dettata da un sistema ormai incapace di immaginare cosa in realtà stia accadendo, e men che meno in grado di adoperarsi per un cambiamento che ritrovi l’equilibrio e quindi la soluzione. Maria, la sua storia, la sua “malattia”, le malattie in generale, sono la risultante e la dimostrazione di questo equivoco. Ora Maria ha finalmente la possibilità di comprendere e dipanare quel conflitto, e potersi liberare da quella “paura” che, nel suo caso, è all’origine del suo male. Durante il lavoro di introspezione, di osservazione e di comprensione del processo, soprattutto nella trance guidata, Maria non solo riconosce la natura e l’origine della sua angoscia, ma riesce a capire profondamente quanto quella paura – come dice lei stessa – la blocca, la paralizza, esattamente come si manifesta, dopo tanti anni, nella sua presunta o conclamata “fibromialgia”. Nel percorso che stiamo facendo, che guarda oltre l’apparenza e la visione superficiale, Maria comincia a capire e a vedere la sua vita da un altro punto di vista. Può cominciare a sperimentare la libertà e recuperare via via quell’intelligenza “universale” che è in ognuno di noi ma che per potersi esprimere ha bisogno di spazio e di presenza, nonché di responsabilità e coerenza, non certo di ignoranza e dipendenza emotiva. Sono dispiaciuto perché in questi giorni ho visto diverse persone, a me care, andarsene prima del tempo, vittime inconsapevoli proprio di un modo di vivere e di pensare la vita in antitesi con la vita stessa, portandoci a credere che sia “normale” ammalarsi sempre di più, nonostante la medicina ci dica che, grazie ad essa, ci ammaliamo sempre di meno.
Lascio al lettore decidere quale “verità” preferisce…