Oggi vorrei fare alcune considerazioni a un post di Gianluca che, in Facebook, così commenta la morte di Sara: “Sono rimasto molto colpito da quello che è successo a Sara, uccisa dal ragazzo che diceva di amarla. Mi ha rattristato infinitamente, perché non ho potuto aiutarla, e non posso aiutare nemmeno quei milioni di donne che vengono picchiate e violentate in Italia da uomini di m… che non meritano nemmeno di vivere. Purtroppo non posso fare niente per loro è questo mi rammarica molto. Sono anni che seguo i programmi sui femminicidi, sulle violenze e sulla pedofilia. Sono basito! Purtroppo ho capito che lo Stato non tutela le vittime di queste violenze. La donna che denuncia per stalking il suo persecutore, di solito, viene uccisa o perseguitata: ancor di più, quindi, questo dimostra che lo Stato italiano non è in grado di proteggere queste donne indifese. In altre nazioni, a questi bastardi non sarebbe permesso di girare liberi. Vi chiedo, per favore, se venite picchiate o abusate o perseguitate di rivolgervi ad istruttori di difesa personale o istruttori di arti marziali che vi potranno aiutare e proteggere. Una persona che passa tutta la vita ad imparare l’autodifesa, se lo fa con il cuore, vi aiuterà contro quegli uomini che vi rovinano la vita. Le forze dell’ordine vi possono aiutare, ma poi la legge e i giudici rimettono molto velocemente in libertà questi soggetti estremamente pericolosi, quindi fatevi aiutare. Ce ne sono tanti che rischierebbero la vita per proteggervi. Non aspettate che questi uomini vengano a farvi male o a togliervi la vita. Fatevi aiutare prima, non aspettate quando è troppo tardi.”
Carissimo Gianluca, capisco perfettamente la tua esternazione… è umanamente comprensibile. Provo anch’io una grande amarezza e un moto di rabbia nel vedere la vita finire così, da una parte e dall’altra. Però ti devo dire che non è sicuramente reagendo con la “difesa personale” che si risolveranno le cose. Tantomeno con il deterrente della pena. Purtroppo ciò che non si considera ancora è la causa vera della disperazione e della degenerazione umana, ovvero ciò che accade nel corso della vita. Non certo per giustificare questi atti esecrabili, ma per comprendere esattamente ciò che causa ogni tipo di violenza o, se vuoi, ciò che impedisce l’evolvere della persona verso l’autonomia, la responsabilità e il vero Amore. Devo dirti una cosa che forse ti è sfuggita, nel tuo giusto impulso di condanna: quello che succede, che la cronaca ci racconta, è già in corso d’opera, a questo punto, possiamo fare ben poca cosa. Non in assoluto ovviamente. Tenere conto delle dinamiche dei comportamenti, imparare a riconoscerli nelle azioni, negli atteggiamenti e nel linguaggio, in tutta la loro manifestazione (parole, viso, corpo), non solo aumenterebbe la nostra capacità di difesa reale, non solo orienterebbe meglio il dibattito, l’educazione e il conseguente processo di prevenzione, ma consentirebbe di adottare delle strategie individuali, sociali e di “intelligence” con tutt’altra efficacia. I corsi di “difesa personale” potrebbero (dovrebbero…) essere, prima di tutto, un’opportunità di crescita, di comprensione e di competenza in questo campo e in questo senso, utili a renderci più consapevoli e più capaci di gestire le nostre vite e quindi la nostra incolumità, su tutti i fronti. Se Sara, e come lei tante altre vittime, fosse stata attrezzata su questo, probabilmente, forse, le cose sarebbero andate diversamente.
Te lo dico perché da anni formo “Addetti alla Sicurezza”, e conosco, insegno e diffondo questa metodologia, che presuppone, in primis, l’abbandono dell’illusione della tecnica e della forza, se non come ausilio estremo, o per fortificare la propria autostima. Certo, la certezza della pena, un sistema giuridico più a tutela delle donne e dei cittadini in generale, gioverebbe, ma perché questo accada anche la politica dovrebbe passare dalle stesse considerazioni. E qui comprendi anche tu che è necessario fare un salto di maturità. A noi tocca – e questo è lo scopo del mio contributo – lavorare in questa direzione, con noi stessi, con gli altri, con tutti. Se non cominciamo a parlarne per capire che cosa succede veramente nel nostro cervello per diventare delle “bestie” così efferate, continueremo a creare dei potenziali “mostri”. Non dimenticare che in ogni fenomeno di violenza, religiosa, politica, sportiva o familiare che sia, esiste sempre una condizione di totale incomprensione della vita. Come ripeto, non giustifico niente e nessuno, anzi, ma chiediamoci anche chi ha la responsabilità di tutto questo, senza escludere nessuno.
Affinché l’Amore diventi un’esperienza di crescita, di scambio, di gioia e di rispetto, è necessario passare da un processo evolutivo interiore personale, basato sulla consapevolezza del proprio stato psicologico, altrimenti il nostro parlare di Amore sarà solo un’arida pratica della quale abbiamo sentito dire, esclusivamente in balia dei nostri sensi, i quali, per loro natura, tendono a compensare ogni mancata soddisfazione, anche con metodi violenti, purtroppo. Su questo, credimi, a partire dalla mia esperienza, dalle mie attuali competenze, nonché dalle storie che incontro nel mio studio, siamo sul fondo del barile, e il peggio sta nel fatto che se ne parla sempre ancora troppo poco. Non sarà certo sferrando un colpo nei genitali o in uno dei punti vitali che ne verremmo fuori. Con affetto e stima Corrado.