Qualche giorno fa, in un conversare a tutto campo intorno a quanto sta succedendo, ad un certo punto la persona con la quale ero coinvolto in questo scambio di opinioni, considerazioni e riflessioni se n’è uscita dicendo: “Non mi fa paura la morte, ho molta più paura della sofferenza”. In effetti, anche senza avventurarsi nei territori del mistero, della reincarnazione, dell’evoluzione della coscienza umana verso la sua vera natura – dimensioni per altro molto più credibili di quanto si possa immaginare – una cosa è certa: c’è vita finché c’è vita! Almeno in questa dimensione e incarnazione terrena. Come a dire che effettivamente ha poco senso preoccuparsi di morire se poi, molto banalmente, quando sono morto non sono più vivo per accorgermene.
In ragione della nostra percezione sensoriale, della nostra avversione al dolore, della nostra inclinazione al piacere e alla gioia, dovremmo essere molto interessati alle leggi della vita, tra bio-logia (lo studio delle leggi della vita) ed eco-logia (lo studio delle leggi dell’ambiente naturale) proprio per massimizzare il nostro ben-essere e ridurre quel mal-essere, quella sofferenza, che tanto angustia la nostra esistenza. La parola “ben-essere” ci riporta all’idea di essere-bene, di “essere noi stessi” in relazione a chi siamo e a come funzioniamo. .
L’energia che crea ogni cosa, ci ha liberato dal dominio dell’istinto, dandoci la facoltà del libero arbitrio, ed è proprio attraverso tale facoltà che abbiamo la possibilità di magnificare la poesia e la bellezza della vita. Ma se, e quando, non riusciamo ad “essere noi stessi” nella nostra totalità, generiamo inevitabilmente sofferenza e, di conseguenza, attraversare la vita diventa molto più difficile e molto meno soddisfacente. Per raggiungere la nostra realizzazione, è indispensabile passare dalla consapevolezza, dalla considerazione della nostra integrità fisica, mentale e spirituale, dall’acquisire quei principi e quei valori che sono propri dell’animo umano, inclini, per natura, alla relazione, alla solidarietà, e al mutuo aiuto.
Agli uomini e alle donne di oggi tocca il delicato e difficile compito di riconoscere la loro alienazione, la distanza, cioè, che si è creata con un “libero arbitrio” snaturato e contaminato, molto lontano dalla loro potenzialità.
Lo sviluppo di una personalità ferita e compromessa, fin dai primordi della propria esperienza affettiva, piena di paure, sensi di colpa e rabbia repressa, compensata da sfide egoiche e narcisistiche, fa sì che il mondo degli adulti sia poi incapace di realizzare una politica, una civiltà e un’economia fondate sul bene e sul benessere collettivo. Senza questo passaggio rincorreremo una pace apparente e una salute malferma, che mancano entrambe di quei presupposti di maturità e di equilibrio indispensabili alla vita. È come pretendere di suonare una sinfonia con un’orchestra di musicisti stonati.
Le guerre, i conflitti, le malattie, originano in questo errore di interpretazione e considerazione che è diventato pensiero corrente, opinione, credenza, ma anche, purtroppo, politica, economia e cultura. E quella sofferenza, che tanto ci fa paura più della morte, non è che la risultante della nostra opposizione alle leggi, per quello che siamo e che potremmo essere. Ad ognuno di noi, come non mai, il difficile compito di riuscire a vedere oltre ciò che è stato e ciò che è adesso, per il nostro destino personale, per la nostra realizzazione e, non per ultimo, per essere intonati almeno quanto basta per poter suonare, tutti insieme, la sinfonia della vita.