Nicola mi telefona dicendomi di essere molto in crisi. Ha perso mordente, e sembra non funzionare più niente: lavoro, rapporto di coppia, relazioni, e si sente molto solo. A suo dire, quello che un tempo “girava”, non gira più, e non sa come uscirne: si sente
disorientato e ha paura. Lo conosco da tempo, e capisco perfettamente il suo stato. Fa fatica a comprendere che tutto questo sia causato, suo malgrado, dal suo stesso modo di essere, di fare, di porsi. Nel mio lavoro ho incontrato molte donne con gravi problemi di salute e con alle spalle interventi chirurgici importanti e relative cure farmacologiche: chi la “totale” (isterectomia), chi il seno (mastectomia), chi la cistifellea (colecistectomia), chi la tiroide (tiroidectomia), per non parlare di reflusso, gastrite, colite e, chi più ne ha più ne metta. Un altro amico, cinquant’anni non ancora compiuti, da tre anni assume regolarmente antiacidi, e il suo medico gli dice che dovrà prenderli a vita. Per tutti vale che la causa della sofferenza è semplicemente un’offesa, protratta nel tempo, alla natura di quello che siamo, e di come funzioniamo. Oggigiorno c’è una tale compromissione, sia sul piano umorale che comportamentale, con danni e conseguenze che si manifestano, sempre peggio e sempre prima, a partire proprio dall’indissolubilità di corpo, mente e
spirito. Lontani dalla realtà, dal suo manifestarsi, dai suoi propositi e dai suoi meccanismi, le cose non funzionano, e i disagi e le malattie sono una conseguenza e un modo per ricordarcelo. Poco importa se, per un periodo, per Nicola e per le altre persone, le cose hanno funzionato: caso mai è una riprova della nostra resistenza e dell’invasività del nostro stile di vita, tra stress e abitudini scorrette. Quello che per Nicola si ripercuote sull’umore, portandolo in uno stato di pre-depressione, considerato che come sportivo è
attento alla sua alimentazione, per tutte le altre persone è proprio nello stile di vita che dobbiamo ricercare la causa delle loro degenerazioni fisiche e, se vogliamo, interiori.
Giova poco che ci consolino con statistiche che decantano qualche anno di prolungamento della vita quando, di fatto, perdiamo sempre più anni di buona salute. Dall’altra abbiamo gli studi epidemiologici e le ricerche sugli ultracentenari in forma smagliante che rendono ancora più paradossale i dati drammatici della nostra millantata civiltà del benessere. Certo, ce ne vuole per uscire dall’esercizio di una mente plagiata da una cultura e da un’educazione che non hanno più alcuna considerazione per i fondamentali della vita: chi siamo veramente, come funzioniamo, cosa siamo venuti a fare su questa terra, in questo corpo? Neanche lo vediamo il nostro corpo, se non secondo parametri estetici e superficiali: un corpo da vestire, da esibire, un bidone riempitutto, da vendere, da offendere, da curare, senza nessun riguardo, senza nessuna attenzione.
Se non riconosciamo il corpo, figurarsi se possiamo considerare un’anima, una coscienza, e pensare che quest’anima, questa coscienza, siano veramente le scintille divine che muovono ogni cosa, le custodi di quella verità che andiamo cercando da sempre.
Naturalmente c’è un tempo in cui ogni delirio o presunzione presenta il suo conto, e questo tempo non è misurabile a priori. L’unica cosa certa è che, se un scelta non favorisce il bene, se non è nel rispetto delle leggi e degli equilibri dell’Universo, della creazione, ogni
decisione, ogni situazione è destinata a fallire. È sempre stato così nella storia, come lo è per la qualità e la durata della nostra vita.
Ognuno di noi lo racconta a modo suo, attribuendo a questo e a quello le ragioni del suo supplizio. Lo fa Nicola nel tentativo di trovare una ragione nei difetti e nelle incoerenze degli altri; lo fanno le persone menzionate, anche solo pensando alla maledizione che si è abbattuta su di loro, come pura fatalità. La partita della vita si riapre a cominciare dal riconoscere e considerare le implicazioni che sono in campo, e dall’attivare un cambiamento concreto che piano piano favorisca il recupero dell’integrità, della vitalità, della salute e della serenità attraverso comportamenti coerenti, conformi a quella naturalità  che abbiamo occultato.
È così che si creano i presupposti della libertà, della responsabilità, della cura, della presenza psichica, della salute e della longevità; è così che si va verso la quiete interiore, l’autonomia e l’amore necessari a compiere il proprio viaggio, secondo il volere dell’Universo. Molto spesso il mio compito e il mio aiuto comincia e finisce nell’amorevole tentativo di favorire questa presa di coscienza, accompagnando le persone verso questo riscontro, verso questa verità, fornendo loro spunti di riflessione, sostegno per i loro
prossimi passi e, per quanto posso, soluzioni pratiche. Un lavoro affascinante ed estremamente creativo, denso di emozioni, di affetto, di amore. Di quell’amore che, purtroppo, molti sacrificano in nome di un piacere effimero quanto illusorio, con le
conseguenze che conosciamo.