La vita, per sua natura, è evoluzione attiva, dinamica, continua. Non esiste, in essa, alcun momento di stasi. Solo con la morte, almeno nella parte fisica che conosciamo, termina la sua corsa. Ma c’è qualcosa di invisibile dentro di noi, che altrettanto deve crescere ed evolvere, e se ciò non avviene, inevitabilmente soffriamo, perché si rallenta il processo di affermazione della nostra essenza spirituale.

A questo “invisibile” – chiamato in molti modi, anima, coscienza, o più semplicemente sviluppo della personalità – sono legati stati dell’essere come autonomia, autostima, libertà, empatia o sentimenti, come amore, gratitudine, compassione e perdono. Per capire che cosa succede, provate a immaginare se impedissimo al corpo di crescere, se costringessimo un piede a stare in una scarpa piccola, e così via. Del resto, basta una situazione opprimente, la negazione di un bisogno, di un desiderio, per farci capire immediatamente cosa significa soffrire. I due percorsi sono fortemente interconnessi e caratterizzati dalla stessa spinta vitale, come a dire che il senso dell’esistenza, il compimento ultimo della “forma vita” uomo, è il raggiungimento della piena maturità, e cioè, della sua integrità fisica e spirituale, se per spirituale intendiamo proprio lo sviluppo di quelle sue prerogative “invisibili”. Negare questo è un arbitrio della mente umana che, non solo ha separato ciò che separabile non è, ma addirittura questa separazione ha dato luogo a tanti e tali deliri di interpretazione della vita da non poter più nemmeno immaginare quanto sia vero tutto questo,così tanto da non aver nessuna considerazione nemmeno per la parte più fisica e visibile del nostro essere. Io non so se l’anima si rincarnerà in altre vite, per compiere quei passaggi evolutivi che necessita, se useremo altri corpi, altri contesti, altre situazioni, per trasmutare verso i piani alti della coscienza. La cosa certa che posso dirvi è che senza questa rivalutazione di sé, dei propri processi, senza riprendere in mano, qui e ora, il nostro cammino e il rispetto di ciò che siamo e di come funzioniamo, la vita è un tormento infernale. Posso dirvi con certezza, e lo posso fare con il conforto e il contributo delle nuove scienze e della ricerca più evoluta, ma anche di tutte le storie personali che passano dal mio studio, che tutte le difficoltà e le malattie dell’umano vivere, originano proprio da questo equivoco, da questo arbitrio. Questa maldestra separazione si traduce in un vissuto che provoca paura, rabbia, colpa: emozioni che bloccano il nostro sistema nervoso nella sua azione di elaborazione, adattamento, risposta, condizionando la nostra esperienza di vita e, di conseguenza, le nostre relazioni e la nostra responsabilità sociale.

Questa maldestra alienazione, non contempla e non riconosce – ahimè – nemmeno la parte più fisica del nostro essere: ci illude di poter mangiare le peggiori cose, o di poter adottare uno stile di vita secondo le nostre credenze e convinzioni, che per altro risultano dallo stesso equivoco, dallo stesso inganno.

Ma l’esistenza reclama, in ogni istante, la sua essenza e la sua verità. Nelle forme di vita senza coscienza tutto accade per principio istintivo/affermativo. Agli uomini tocca il compito di rendersene conto e favorire/sostenere questo processo. Siamo al mondo per evolvere, per trasformarci e lo possiamo fare solo nel rispetto della nostra integrità. Questo vale da sempre, e varrà per sempre. Senza riconoscere il principio evolutivo, senza raggiungere quel grado di “maturità” individuale, sarà impossibile trovare la propria pace, la propria salute e, men che meno, costruire il mondo di domani.

La nuova educazione, la nuova medicina, la nuova psicologia/psicoterapia non possono prescindere da questo. Siamo agli inizi di una rivoluzione che chiamarla solo “culturale” mi pare poca cosa. Le resistenze e le trappole della mente, oggi così compromessa e condizionata, sono molte e occorre imparare a riconoscerle e a considerarle per poterle aggirare e superare, per sottrarre all’intellettualità e all’ego l’illusione del cambiamento. È a causa di queste trappole che, nonostante ci sia un grande fermento intorno ai temi “coscienziali”, spesso c’è poco riscontro nella vita reale delle persone. Il processo passa dall’osservazione e dal superamento degli impedimenti emozionali, dal liberare il campo dagli equivoci e dalle contaminazioni, sapendo che questa è la strada della redenzione e della resurrezione, ma anche l’unica che siamo chiamati a percorrere e a fare. La coerenza tra il dire, l’essere e il fare, non potrà che misurare il grado di autenticità e di libertà raggiunto, sia in senso individuale che sociale.