In questi giorni di “follia parossistica”, dettata dalla difficoltà a motivare gli eventi, che ognuno ha cercato di chiamare a modo suo, ai quali ognuno ha cercato di reagire facendosene una ragione e trovando, chi la rabbia, chi la paura, chi la forza, chi il coraggio, molto spesso manca, però, una visione che, forse, non risolverà il problema contingente, ma eleva sicuramente il nostro livello di comprensione e di responsabilità umana.
Questa visione ci sfugge, perché riconoscere le cause originarie dell’odio e della rabbia, portandole fuori dalla religione, dalle condizioni sociali, dagli intrallazzi politici (che peraltro nascono anch’essi dalla stessa perdizione originaria) richiede un alto livello di consapevolezza e di visione che non possiamo pretendere dal pensiero comune o dalle logiche del potere e del sapere ufficiale. Questa riflessione, ci tengo a ribadirlo, non risolve il problema per ciò che ormai è già stato causato ed è in corso d’opera, per il quale occorre lavorare sulla prevenzione e sull’intelligence con tutti i mezzi possibili, così come è necessario smascherare le compromissioni politiche e gli interessi economici occulti. La riflessione alla quale mi riferisco serve al futuro dell’umanità affinché le coscienze degli uomini mettano mano ai meccanismi culturali, educativi ed esperienziali che causano i presupposti interiori della violenza, quella violenza che si esercita su di sé, quella che avviene nelle mura domestiche, quella che si camuffa nella politica, nel tifo calcistico, nella discriminazione razziale, e così via. La fede incondizionata, di qualsiasi tipo essa sia, è sempre violenta, e la storia lo dimostra. Ma la storia non ha mai insegnato niente a nessuno: continuiamo ad ammazzarci nel paranoico intento di migliorare le cose. La violenza, la brutalità, l’uccisione di un essere umano, la soppressione della vita, non può migliorare nulla, nemmeno se chi uccide è uno stato, nemmeno se troviamo motivazioni “socialmente” accettabili: sopprimere la vita è sempre disonorevole. È chiaro che bisogna fermare chi non comprende questo principio universale e compie stragi di ogni tipo, ma l’unica “guerra” lecita è quella che combatte il disagio sociale, la prevaricazione, l’arroganza, il rimprovero umiliante, l’intolleranza in ogni sua forma. Per portare la pace nel mondo occorre una rivoluzione interiore, individuale. Non si può contare sugli altri, per realizzare la pace: dobbiamo prima realizzarla dentro ognuno di noi. Quello che posso aggiungere, incontrando la rabbia e la paura individuale nel mio studio è che c’è sempre – dico sempre – tra quei sentimenti, quelle emozioni, il vissuto maldestro nella storia della persona che l’ha causato. Voglio lasciarvi con uno scritto di Alice Miller, psicologa e psicoanalista di altissimo valore, forse la prima che ha dato una spiegazione dell’Olocausto fuori dal coro delle considerazioni socio politiche o delle banalità analitiche definendolo una “bolla” di rabbia collettiva, causata principalmente dall’educazione dei figli maschi di quell’epoca. Non c’è colpa! La colpa sdogana la rabbia verso altra violenza, e altra violenza ancora. C’è solo bisogno di capire e considerare ciò che accade lungo il corso della vita. Ognuno rifletta come può e come meglio crede. Alice Miller scriveva: “Gli individui che nell’infanzia non hanno dovuto subire violazioni alla loro integrità, e a cui è stato consentito di sperimentare protezione, rispetto e lealtà da parte dei loro genitori, da giovani e anche in seguito saranno intelligenti, ricettivi, capaci di immedesimarsi negli altri e molto sensibili. Godranno della gioia di vivere e non avranno affatto bisogno di far del male agli altri o a sé stessi, né addirittura di uccidere. Useranno il proprio potere per difendersi, e non per aggredire gli altri. Non potranno fare a meno di rispettare e proteggere i più deboli, ossia anche i propri figli, dal momento che essi stessi, un tempo, hanno compiuto tale esperienza, e dal momento che fin dall’inizio in loro è stato memorizzato proprio questo sapere (e non la crudeltà). Questi individui non saranno mai nella condizione di capire come mai i loro avi nel passato abbiano dovuto impiantare una mastodontica industria bellica per sentirsi a loro agio e sicuri nel mondo. Dal momento che il compito inconscio della loro vita non starà più nel difendersi dalle minacce subite nell’infanzia, essi saranno in grado di affrontare in maniera più razionale e creativa le minacce presenti nella realtà”.