Giorgia viene da me incuriosita dalla lettura del mio libro e dalla speranza di “guarire”. Guarire da una fragilità che mal sopporta, fatta di numerose paure: di non farcela, del giudizio altrui, di essere rimproverata. Giorgia, come lei stessa dice, si muove come se camminasse sulle uova. Il suo modo di fare, tra verbale e non verbale, la rappresenta benissimo. I suoi toni e i suoi modi sono servizievoli, tanto da sembrare, ai più, educata e disponibile.
E infatti lo è! Solo che la sua disponibilità poggia, prima di tutto, su elementi del tipo: scusate se esisto… non fatemi del male… vi faccio vedere quanto valgo, ecc. Ogni volta che deve affrontare una situazione, una persona – ogni volta – le sensazioni, le emozioni, i pensieri, le preoccupazioni, sono sempre le stesse. C’è una trama perversa nella sua biografia personale che spiega tutto questo, ovviamente. Ma c’è anche un’anima, un’intelligenza ancestrale – in lei come in ognuno di noi – che non appartiene alla storia, che non ha tempo, ma che per tornare a rivivere, e a risplendere, deve liberarsi dalla paura, fare il vuoto nella mente, ritrovare quello spazio incondizionato dove tutto accade, e può accadere, ben oltre ciò che ci è stato imposto o che abbiamo immaginato.
Far emergere, riconoscere, accettare, le nostre emozioni e riprendere il cammino della nostra libertà, non solo è nelle nostre prerogative, ma è anche l’unica strada da percorrere per riconciliarsi con sé stessi e con il divino che c’è in noi. Questa condizione, che dovrebbe accadere e preservarsi con naturalezza lungo il corso della vita, viene vituperata senza che ce ne rendiamo nemmeno conto. La distanza che si crea tra lo spazio dell’anima e il nostro modo di vivere condizionato è la misura del nostro stato di essere e di benessere. La negazione di quella propulsione spontanea, del nostro legame con l’Universo e la sua energia, sposta la nostra personalità verso l’identità, maschera o copione che sia, verso l’idea che basti essere qualcosa, qualcuno. Eppure conosciamo tutti i sussulti emotivi che albergano nelle nostre profondità, e che dicono altro da quello che cerchiamo di imporci con la ragione. Nonostante questo, invece di ascoltare la voce di quei lamenti e capirne il loro significato, tendiamo ad affinare il copione, aumentando così la distanza e il senso di smarrimento. Questa parte, l’unica parte vera di noi, se ne fa un baffo di dove la vogliamo portare o dove le circostanze l’hanno costretta ad andare; quella parte non può morire e si manifesta come può, attraverso il corpo, le emozioni, i sogni, le immagini. Questa separazione ci rende incomprensibile la vita perché è nell’anima che sono depositati i codici della vita stessa e del legame sottile con il creato. La coscienza è il processo e il percorso di recupero di questa dimensione, del mantenimento e della conservazione del legame con quella intelligenza cosmica che è in ogni forma vivente e che, per l’uomo, per affermarsi, deve passare dalla consapevolezza, dal rendersene conto. Una connessione che non riusciamo nemmeno a immaginare, presi come siamo da una percezione e spiegazione degli eventi e dei fenomeni, del tutto arbitraria e resa impossibile proprio da un cervello intrappolato nella facoltà di ragionare e di decidere. Le nostre coscienze così separate, ridotte, costrette, mortificate, altro non possono che arrabattarsi nella solitudine e nella paura, nel rancore e nella rabbia, nel peccato e nella colpa, nella sofferenza e nella malattia. Il mondo che si crea, a partire da questo stato di coscienza, è sotto gli occhi di tutti, ed è la stessa scienza, nel tentativo di capire la realtà nei suoi nessi più sottili, a parlarci di questa separazione, ma anche della sua potenzialità.
Ervin Laslo dice molto bene: “La visione energetica della realtà è più di una teoria e coinvolge non soltanto gli scienziati. Essa si avvicina più che mai all’atto di sollevare il velo della percezione sensoriale e di comprendere la vera natura del mondo.”
È ovvio che senza una riflessione profonda c’è il serio pericolo che la vita segua il corso segnato dagli eventi e prevalga la distorsione e la percezione che ci accompagna.
Giorgia, nel suo piccolo, ci parla di tutto questo. Il cambiamento che sta avvenendo in lei le restituirà parte del dovuto e del maltolto: riconciliarsi con la sua anima. Per aiutarla ad andare verso quella libertà ho fatto un gioco con lei. Le ho detto: “Prova ad immaginare che questa notte accada un miracolo. Mentre dormi sparisce di colpo tutto ciò che ti tormenta. Domani mattina ti svegli e sei libera… Libera dai tuoi dubbi, dalle tue paure, dalle tue ansie. Immagina, in quello stato, come affronteresti la tua giornata.” Giorgia, con un viso illuminato da quell’idea, ha detto: “Che bello che sarebbe! Sarei leggera come una piuma.” Il suo compito sarà fare esattamente questo, nella convinzione che l’immaginazione crea la realtà e aiuta a risvegliare l’anima.