La considerazione dalla quale vorrei partire è sempre la stessa, e vale per la maggioranza delle persone e delle esperienze di vita. Mi riferisco alla formazione della nostra personalità e al nostro modo di essere al mondo.
Ciò che siamo, ciò che diventiamo, e quindi saremo, è fortemente influenzato dall’esperienza, per il semplice fatto che, nel bene e nel male, s’imparano le cose a partire dall’epoca e dal contesto sociale in cui si è nati, passando da un’educazione che se ne fa interprete, per imitazione dei comportamenti altrui, reagendo alle difficoltà e alle sofferenze con i mezzi che si hanno.L’esercizio del vivere si acquisisce in questo modo, in modo cioè del tutto casuale, a seconda della tipologia e della combinazione dei fattori condizionanti. Qualsiasi aspetto risulta da questo processo, e non risparmia nessuno, nemmeno gli animali: pensate alla cattività o al confondere le specie. La base naturale istintuale e animico-spirituale è così fortemente influenzata dal nostro contesto esistenziale e dal nostro vissuto, da farci credere che ciò che siamo, ciò che pensiamo, che decidiamo, sia veramente la nostra essenza più vera, la vita più corretta, la realtà più concreta.
È un bel problema! In questo modo risulta normale mangiare le peggiori cose, vivere in modo del tutto innaturale, ammalarsi e morire prematuramente, avere mille difficoltà con se stessi, con gli altri ma, soprattutto, sviluppare un’idea di fondo che distorce completamente il senso dell’esistenza e l’interpretazione stessa della realtà. Purtroppo è tutto così vero, sia la realtà che il processo, ossia i dati drammatici sulle nostre condizioni di salute e il fatto di vivere in tali condizioni come se fosse tutto normale. E la prova di quanto affermo la troviamo proprio nelle malattie e nello stato di difficoltà psicologica in cui versa gran parte del mondo civilizzato.
È ovvio che l’ordine generale sul quale si muove l’esperienza umana, e nella quale si sono costituiti meccanismi e interessi di ogni ordine e grandezza, vive e si nutre di questo stato di cose. Si usano gli esseri umani come cavie, vittime o consumatori senza nessun riguardo e rispetto per la loro vita. Perciò non sarà da questo mondo, dalle stanze del suo governo e del potere, che si potrà aspettarsi quel cambiamento culturale e spirituale di cui necessitiamo. C’è un punto di forza di questo sistema che però è anche il suo punto di debolezza: la coscienza delle persone. Se si affida il proprio destino e la propria esistenza, alla casualità che abbiamo descritto sopra, state certi che si entra a far parte dell’esercito delle “marionette”, tutti in fila pronti al sacrificio. La presa di coscienza è rivoluzionaria proprio perché, in primis, ci libera da questa dipendenza sacrificale ma, soprattutto, ci rende capaci di ritornare alla vita e alla sua potenzialità straordinaria.
Una potenzialità che è fatta di risorse e capacità, di sviluppo dinamico e spontaneo, che può avvenire solo attraverso un’esperienza allineata e rispettosa delle nostre prerogative biofisiche, psicologiche e spirituali. È con questa presa di coscienza che si possono correggere errori comportamentali e si possono sviluppare quelle doti di autonomia, autostima, empatia che sono il fondamento della vita di relazione, della salute e del benessere generale. Come ho detto tante volte, questo passaggio – uscire dalla dipendenza, dall’inconsapevolezza, dal prendere per vero ciò che non è – è la parte critica e più difficile da attivare, ed è l’aspetto vantaggioso e redditizio del sistema di controllo e di manipolazione.
Tutto “il nuovo” (che nuovo non è), dalla medicina alla psicoterapia, dall’educazione ai percorsi di crescita personale, dall’educazione alimentare allo stile di vita, si fa interprete di questa intenzione e di questa verità. Ed è straordinario, grazie alla conoscenza dei meccanismi stessi della mente e del cervello, capire che ci sono delle vie che facilitano questo passaggio e questa consapevolezza. Quando ho scritto “la psico-filosofia della salvezza” ho cercato di descrivere, cosa e come, è necessario agire.
Oggi vi descrivo meglio un “esercizio del cambiare” che si esprime, ovviamente, dentro tale approccio psico-filosofico, proprio per dare senso, motivazione ed efficacia, all’esercizio stesso. Quello che chiamo “postura – espressione – induzione emozionale”. Faccio assumere alla persona un certo portamento, un’espressione del viso vitale e sorridente e uso la ”sua” volontà, la “sua” ragione, per indurre pensieri positivi rispetto a sé stessa, alla vita, all’Universo e alle sue “logiche”, indipendentemente dal suo flusso spontaneo, spesso fatto di rabbia, paura, colpa, inadeguatezza, ecc. Agire su questi tre aspetti è più facile che non modificare tutti gli automatismi che generano pensieri, emozioni e stati d’animo, aspettando che si modifichino, per quella via, portamento, fisiognomica e atteggiamento. L’effetto che si produce è lo stesso, perché la relazione è “bidirezionale” e, in questo modo, si attiva un processo neuro-fisiologico di grande portata trasformativa e di grande beneficio, sia sull’umore che sul benessere generale (immunologia compresa) della persona. Pensate alla risata. Non è un caso che sia nata la “terapia della risata” o lo “yoga della risata”. Indurre una risata provoca lo stesso beneficio che si ottiene quando si è “travolti dal ridere”. Fatelo e vi accorgerete che starete meglio e che intorno a voi tutto comincerà a girare in un altro modo. Forse avete già sentito dire che tutto accade dentro di noi, che siamo noi stessi a creare la nostra realtà. Ebbene, sta già accadendo, ma a partire da un condizionamento non voluto e contro natura, contro la libertà, solo che non ne siamo per niente consapevoli. Mettetevi al comando e liberate il divino che è in voi. Tutto il resto è gioia!