Roberto Senesi era, prima di tutto, un uomo vero. E, come tale, impegnato nella ricerca e nella diffusione del bene. La sua morte, così tragica e inaspettata, così fuori tempo e fuori luogo, ci ha riportati immediatamente alla vita. Si, alla vita! O meglio, a ricordarci della vita. Per metterci alla prova, per andare oltre il dolore, oltre lo smarrimento, oltre l’angoscia del “non senso”, oltre l’attaccamento.
Era un tema molto caro a Roberto, del quale si faceva interprete con la sua saggezza e la sua elevata intuizione. Certo, per chi ha intrapreso il cammino delle domande e della riflessione coscienziale, le difficoltà, le sfide quotidiane sono già intese come un messaggio salvifico, una strada da percorrere verso la libertà. Anzi, è proprio questo tipo di sofferenza che spesso ci spinge verso la nostra personale ricerca interiore, sempre che l’inconsapevole desiderio di porre fine al dolore non ci porti verso qualche cura risolutrice più o meno immediata. Molto spesso alcune questioni, come ad esempio la morte, rimangono sullo sfondo di un vivere quotidiano per il quale ce n’è d’avanzo dei piccoli/grandi esercizi di “liberazione” e di riflessione.
La presenza nel “qui e ora”, che è la dimensione della realtà nel suo accadere, non può che risultare da questo lavoro, dal guadagnare una consapevolezza capace di affidare all’intelligenza dell’anima un evolvere naturale verso il bene e l’amore.
Un lavoro spontaneo e intuitivo in grado di produrre una trasformazione che ci liberi dai condizionamenti e da una dipendenza emotiva che altrimenti blocca il processo tenendoci legati immancabilmente ad un passato, più o meno assimilato e patito.
La vita ci vuole liberi e liberati da questi meccanismi. Che sia un percorso oltre il tempo, portato cioè da vite precedenti, o semplicemente il risultato della nostra attuale esperienza, poco importa. Per ritrovare senso, pace, salute, armonia, questa è la strada, proprio perché la coscienza è il motore e il senso stesso dell’esistenza, oltre le nostre vicende personali, oltre la nostra percezione mentale e sensoriale, oltre la contemporaneità storica e la sua rappresentazione socio-culturale. Roberto lo sapeva, e ce lo viene a ricordare, ancora di più, mettendoci di fronte, in un colpo solo, a questa verità. Ora, non ci provo nemmeno ad avventurarmi nel territorio dell’esoterismo, dell’Aldilà. Non ne ho i mezzi, e nemmeno le facoltà, e non sarebbe nemmeno il senso di questa mia riflessione. Di una cosa sono certo: con la razionalità, nel condizionamento, nella dipendenza emotiva, nell’illusione del controllo, c’è solo stasi evolutiva e sofferenza e, di conseguenza, la vita diventa un calvario. La forza di Roberto, che era già nei suoi occhi e nel suo cuore, veniva proprio dal suo cammino evolutivo, dall’autenticità dei suoi dubbi e delle sue domande, dalla capacità di dare ascolto a questa attrazione naturale che non tutti sappiamo interpretare, intendere, ascoltare. Un viaggio che è, e deve essere, di ognuno di noi, del quale Roberto aveva grande rispetto e considerazione. Sapeva che ognuno ha tempi e modi propri, così come sapeva che, nel “perdimento”, si innescano vuoti e bisogni per i quali i rischi del plagio e della dominanza egoica sono molto forti nel creare illusioni e dipendenze. Però, e questo ci accomunava in modo speciale, sentiva anche la responsabilità di poter essere, e di poter contribuire, alla libertà degli altri, avendone a sufficienza della propria, per evitare ogni abuso o interferenza. Non so se la morte di Roberto è parte di un disegno coscienziale che contempla anche questo “sacrificio”. È vero però che molti segnali lasciano intendere questa ipotesi, il che addolcisce questa tragedia e la rende più amorevole di quanto si possa immaginare, più simbolica di quanto il dolore e la perdita ci facciano umanamente intendere. E ha ragione chi dice che la “lezione” più nobile e grande, Roberto, ce la sta dando in questo momento, mettendoci di fronte a una prova enorme, quella dell’impermanenza, dell’attaccamento, del perdono, dell’andare oltre, verso un fluire alla scoperta di quella coscienza che è di tutti, che non ha logiche, ma solo un manifestarsi, di suo, perennemente evolutivo. In un passaggio del suo libro “Ogni cuore un percorso” Roberto scrive: ”Il tuo lavoro più importante qui sulla Terra è amarti e imparare ad amarti – e non sarà sempre facile. A volte sarà molto, molto impegnativo… Con quello scopo come tuo obiettivo tutto il resto andrà al suo posto… un’apertura maggiore, una maggiore comprensione, una passione più grande, un desiderio più grande di essere qui, il desiderio di essere!” Proprio per questo Roberto, per quanto doloroso sia, con la sua uscita di scena, lascia un messaggio carico di vita e di amore per la coscienza di ognuno di noi. Ora, davvero, possiamo solo ringraziarlo e imparare a vivere di questo.