Torno sull’argomento cibo, visto il “polverone” sollevato dall’OMS sull’alimentazione carnea. Non ne parlo da praticante o patito di qualche scuola di pensiero, ma semplicemente da uomo di scienza, e coscienza, come mi piace pensarmi e definirmi. Andiamo per gradi! Se dovessimo mettere in fila i costi sociali e ambientali, prima ancora di parlare di salute, in termini di energie, risorse (acqua, foraggio) e conseguenze (metano, CO2, ferormoni, effetto serra) per sostenere la filiera dell’allevamento di 100 miliardi di animali all’anno (tanti sono “sacrificati” per sfamare il genere umano), ce ne sarebbe d’avanzo per capire la follia e la dispendiosità di un tale regime/sistema nutrizionale.
Ciò che ci è stato “venduto” come un segno di progresso e di sviluppo, in realtà, giustifica solo una forte concentrazione di interessi e di monopoli produttivi. Da un consumo pro capite annuo, che nel 1861 risultava essere intorno ai 3 kg, siamo passati, ai giorni nostri, a circa 80/100 kg a testa. Va da se che per sostenere questa domanda anche le forme di produzione sono andate rivoluzionandosi: dal pascolo siamo passati agli allevamenti intensivi, dove mangimi, soia transgenica, antibiotici, ormoni anabolizzanti fanno spesso da padroni, nonostante in alcuni paesi (l’Italia è tra questi) abbiano cercato di disciplinare gli aspetti più a rischio. Tutto questo potrebbe bastare se non ci fosse una questione ancora più grande, purtroppo, fortemente taciuta. Sto parlando della nostra incompatibilità biologica verso il consumo di proteine animali, e questa volta a partire da tutta una serie di evidenze che fanno pensare, o meglio, capire, che la carne, in sé, non è un alimento per la nutrizione umana. Ce lo dicono le caratteristiche anatomico/funzionali della nostra costituzione (lunghezza dell’intestino, superficie di assorbimento, incapacità di gestire e metabolizzare gli scarti metabolici che il transito intestinale della carne comporta); ce lo dicono le abitudini dei primati a noi vicini (gorilla, scimpanzé, orango) e ce lo confermano le loro straordinarie condizioni di salute. Ce lo dice il fatto empirico e constatabile, che il ridurre o allontanarci dal consumo spropositato di carne, fa si che le nostre condizioni di salute generale migliorano sempre. Ma la cosa più diretta, e forse anche la più semplice da capire, sulla quale riflettere, è che se provassimo ad immaginarci allo stato primitivo, come è stato per milioni di anni, senza fuoco, senza armi, senza marchingegni trasformativi, e provassimo a pensare di cosa ci ciberemmo, troveremmo da soli la risposta più coerente che è anche quella più veritiera della nostra natura, proprio perché più istintiva. Non penseremmo sicuramente alla carne, mentre ci ciberemmo di frutta, verdura mangiabile, semi, germogli… maturi e direttamente commestibili (ecco la ragione della lunghezza e della superficie di assorbimento del nostro intestino; cosa che per altro non è delle specie propriamente carnivore).
Non sto dicendo assolutamente che la nostra alimentazione debba ridursi “all’erba”, ci sono delle necessità che vanno sostenute – apporto calorico, macronutrienti, apporto nutraceutico – e delle criticità che vanno assolutamente considerate come la questione della Vit. B12, degli omega3, della vitamina D, ecc. Di nuovo è solo la conoscenza che ci può rendere liberi da pregiudizi e luoghi comuni e che ci mette nelle condizioni di stare nell’equilibrio e nella massima espressione vitale. Inoltre, riportato ai giorni nostri, non significa in assoluto che disporre della possibilità di trasformare delle materie prime, o degli alimenti per renderli commestibili non possa essere considerato un vantaggio (pensiamo alle solanacee, al licopene, ai funghi, o a ciò che viene naturalmente trasformato). Certo è che occorrerebbe avere a cuore la salute degli uomini e ogni volta misurare, o considerare, gli effetti e le conseguenze nel lungo periodo sulla nostra salute. In questo caso, la correlazione tra l’eccessivo consumo di carne e certe degenerazioni è più che documentata e, come abbiamo visto, ha radici lontane. Ma non è solo legata allo sviluppo del cancro. È molto più problematica di come ci viene raccontata. Ci sono di mezzo i grassi saturi, il colesterolo, l’acidità metabolica, l’infiammazione… Ci sono di mezzo condizioni asintomatiche che ci illudono di stare bene ma che preparano il terreno per lo sviluppo di tutte le patologie degenerative, come infarti, ictus, Alzheimer, cancro, malattie autoimmuni, che rendono, impropriamente, la nostra vecchiaia una croce. Tutte degenerazioni che partono dalla nostra cara, ovvia e semplice, incompatibilità alla carne.
E non finisce qui. All’uccisione sconsiderata di animali, fa eco una visione della vita e di una cultura che in quella rabbia, in quella aggressività, legittima le sue logiche e la sua separazione dall’universo stesso, come se gli uomini fossero il centro del mondo e tutto il resto a loro uso e consumo. Un nuovo atteggiamento etico e spirituale si rende necessario per sviluppare una forma più nobile di pensiero, un atteggiamento di amore e di compassione senza il quale l’umanità intera rimarrà intrappolata nel suo delirio e nella sua aberrazione.
La recente denuncia dell’OMS, alla luce di tutte queste considerazioni, pur nella sua veridicità, appare monca e priva del necessario spunto riflessivo e della ben che minima benessereintenzione educativa. Altro non poteva essere, altrimenti non si sarebbero potuti tacere tutti gli effetti deleteri del cibo industriale, trasformato e manipolato, degli zuccheri e delle farine raffinate, dei grassi idrogenati e dell’eccesso di sodio, e così via. Così come sarebbe altrettanto importante cominciare a ragionare sull’educazione, sulle emozioni e sulle risposte stressogene che accompagnano la nostra visione della vita, e della loro conseguente ricaduta sulle nostre condizioni di salute e di serenità. In questa follia presa per normalità, dove la percezione di fondo è già fortemente compromessa, tanto da confondere quello che si è visto fare come se fosse la realtà delle cose, non ci si può meravigliare se c’è qualcuno che grida “viva la ciccia” e di quel grido se ne fa ragione di vanto e di coraggio. Men che meno ci si può stupire di chi sostiene che la discriminante vera sia un problema di carne trasformata, o che sia una questione di qualità di produzione o di tracciabilità.
E nemmeno ci si sorprenda di un “Expò” vantato per le presenze o magnificato per l’effetto vetrina nel mondo, in una vanesia generalizzata, tanto da oscurare, a fronte di un tema così importante come “Nutrire il pianeta”, le palesi evidenti contraddizioni, a partire dagli sponsor che lo sostenevano, come McDonald’s, Coca Cola e Nutella. Per finire in bellezza, ma soprattutto a conferma della nostra alienazione dai temi veri, non sbalordisca nemmeno chi ha avuto il coraggio di dire: ”Ma vi rendete conto di quanti posti di lavoro sono a rischio?”.
La presa di posizione dell’OMS però è anche un’occasione straordinaria per fare una riflessione che ci aiuti a uscire dalla miopia delle nostre considerazioni, rendendoci più presenti e consapevoli della nostra natura e della nostra potenzialità, inducendoci a uno stile di vita, e un atteggiamento mentale, che protegga il nostro corpo e liberi la nostra anima. Il paradiso è dentro ognuno di noi e non può più attendere! C’è solo bisogno di rendersene conto.