Quando mi chiedono se sono “vegetariano” o “vegano” o se seguo un regime “fruttariano” o, comunque, quale dieta io pratichi, reagisco sempre con un po’ di stizza e di ironia e dico di essere “vitariano”… poi spiego il senso di questa mia affermazione che è anche l’argomento di questo articolo. Cominciamo con il tranquillizzare tutti i “naturalisti” menzionati: dal punto di vista strettamente nutrizionale, hanno sicuramente più ragione che torto.
E non lo dico solo io. Lo dicono gli studi più autorevoli e l’incidenza delle patologie correlate agli stili alimentari. Per cominciare a farvi capire in che direzione si muoverà il mio ragionamento vi racconto un episodio recente. Chiamato a fare una conferenza in una serata macrobiotica, ho esordito dicendo: “Ma per mangiare macrobiotico bisogna essere così seri?”. Effettivamente, molto spesso, dietro ad una scelta nutrizionale c’è lo spettro dell’identità, dell’ideologia, del modo di essere e di atteggiarsi voluto da quello stile e dal suo stereotipo, con declinazioni, a volte, che rasentano il fondamentalismo e la maniacalità. In trent’anni che mi occupo di educazione alimentare e di stile di vita, posso dirvi che, finalmente anche in questo campo, l’attenzione si sta spostando oltre la manipolazione e il delirio dietologico, o prescrittivo, e si comincia a considerare l’uomo a partire dalla sua totalità e potenzialità. Ed è proprio da questa osservazione che si scopre che la prima e la più significativa compromissione per la vita (qualità e durata) è nelle nostre idee e nelle nostre convinzioni, in una esperienza che struttura comportamenti e provoca stati d’animo talmente “offensivi” e dis-funzionali da essere la causa originaria di tutti i nostri mali. Essendo compromessa la vita nei suoi fondamentali ed essendo questa civiltà soprattutto impegnata a “curare” i mali che questa stessa compromissione provoca, ci si rende conto che quello che occorre fare, prima di tutto, è favorire proprio un cambio di mentalità capace poi di tradursi in altrettanti comportamenti e stati d’animo ma questa volta coerenti e funzionali alla nostra costituzione
e alla nostra natura. Quello che posso dirvi con certezza, essendoci arrivato dall’esperienza e praticando questo approccio educativo da molto tempo, molto prima che fosse spiegato e argomentato dagli studi di oggi, è che non vi è soluzione (guarigione) senza questo processo di cambiamento. Un cambiamento che deve coinvolgere la persona, la sua percezione di vita, capace di riattivare e recuperare risorse inimmaginabili, inespresse e mortificate da un vissuto e da un modo di vivere fortemente debilitante e invasivo.
Le nuove frontiere della medicina, grazie ai contributi delle nuove scienze, parlano di olismo e di integrazione, cominciano a considerare l’influenza delle emozioni e degli stati energetici sulla funzionalità generale e sistemica, riconoscono l’importanza del cambiamento quale processo fondamentale sia per la guarigione che per la conservazione della salute a lungo termine. Per darvi un’idea, uno degli ultimi convegni al quale ho partecipato si intitolava “Anima e cancro” ed erano presenti relatori medici e oncologi di grande profilo professionale, oltre che una moltitudine di testimonianze significative.
Occorre quindi mettere mano laddove le cose sono accadute e accadono senza che siamo presenti a noi stessi per liberarci da una “schiavitù” di cui non abbiamo nessun sentore, ma soprattutto nessuna considerazione. Quel mondo è pieno di luoghi comuni, di ansie e di bisogni inespressi. È lo stato inconsapevole dell’essere teso più alla compensazione che alla soluzione dei suoi disagi, alla dieta più che all’idea di imparare a mangiare, a rivendicare il diritto delle proprie convinzioni più che a riconoscere obbiettivamente la realtà, alla legittimazione della propria rabbia, paura, colpa, più che a capirne la natura e l’origine.
Allora, per tornare da dove siamo partiti, io sono “vitariano”, il che significa che riconoscendo la vita in tutte le sue connessioni e potenzialità, sono impegnato a nutrirla su tutti i piani. Si perché se il cibo è nutrimento del corpo, le emozioni e i pensieri sono nutrimento della mente e dell’anima, e insieme all’attività fisica, sono nutrimento di quell’insieme indissolubile che siamo e che è costituito proprio di corpo, mente e spirito. Una delle conferenze che porto in giro, non a caso si intitola: “Nutrire la vita, per non morire di cibo” e forse adesso ne capite il senso. Quindi l’obiettivo del cambiamento, del processo di consapevolezza, non è nient’altro che riconoscere e favorire l’evoluzione di coscienza, perché legato a questo c’è lo sviluppo della personalità, della libertà, dell’autonomia, del talento, dell’amore incondizionato, ma anche quello della salute e del benessere psico-fisico; in una parola, di quello che siamo, che possiamo e che dovremmo essere veramente, secondo le leggi di Madre Natura e dell’Universo intero. Sono le stesse leggi, secondo il principio di compatibilità, di costituzione e di funzionalità che, guarda caso, non ci portano lontano da vegani, vegetariani, fruttariani, macrobiotici, ecc. Quello che cambia semmai è arrivarci dal cammino evolutivo e dalla presa di coscienza invece che come forma di compensazione o di esaltazione perché, in questo modo, per bene che ci faccia, l’anima sarà sempre inquieta e noi saremmo “sani” a metà. Dobbiamo riconoscere questa trappola per liberare quel “divino” che è in ognuno di noi e per riprendere il cammino della forza e dell’integrità vera. È ora di tornare ad essere felici! È l’unico dovere che abbiamo, nei nostri confronti e nei confronti del nostro prossimo.